Vi è una foto che circola molto in rete in questi giorni ed è stata diffusa anche dal rotocalco turbomondialista “Open” di Enrico Mentana.
La foto raffigura mirabilmente alcuni dei principali esponenti della destra bluette e della sinistra fucsia seduti in maniera amabile allo stesso tavolo, ragionevolmente in un bar. Si vedono distintamente i profili di Matteo Salvini, di Enrico Letta, di Giorgia Meloni e altri ancora non meno noti. Essi discutono placidamente, come vecchi amici.

Qualche anima bella dirà ovviamente che si tratta di un buon segno: è il fatto che anche tra politici di fazioni opposte si possono mantenere rapporti umani distesi e amichevoli, all’insegna del pacato dialogo al bar. Altri dicono che in realtà stavano discutendo la scaletta degli interventi al congresso di Rimini e dunque nulla di strano che fossero tutti insieme al tavolino del bar.

La verità però – almeno a giudizio di chi vi sta parlando – è un’altra: la foto in questione mostra e dimostra plasticamente, con l’immediata potenza dell’immagine, ciò che da tempo proviamo ad esporre per la via mediata e faticosa del concetto. Destra bluette e sinistra fucsia sono semplicemente le due ali dell’aquila neoliberale, la quale plana rapacemente già da tempo sui poli e sui beni pubblici, sui diritti sociali e sulle conquiste di civiltà e chiama tutto questo con il nobile nome di progresso. Lo fa sempre in nome delle superiori ragioni del mercato, vuoi anche di formule apertamente teologiche come quella ormai proverbiale, quanto logora, del “ce lo chiede il mercato”. La finta opposizione tra destra e sinistra – o a voler essere più precisi, l’alternanza senza alternativa che esse, destra e sinistra, pietosamente inscenano nel quadro del monopartitismo competitivo liberista – è potentemente cristallizzata nell’immagine in questione.

Lo si potrebbe anche verosimilmente appellare il partito unico articolato del neoliberismo. Vero è che i vecchi totalitarismi rossi e neri, si fondavano nel Novecento sul partito unico vero e proprio, dacché mettevano fuorilegge tutti gli altri partiti. Il totalitarismo glamour neoliberale si regge, per parte sua, sul finto pluralismo di partiti perfettamente interscambiabili tra loro, tutti egualmente liberisti, tutti egualmente atlantisti, a destra come a sinistra. Le pluralità esibite si risolvono nel monologo politico neoliberale, vale a dire in un pluralismo mendace in cui i plurali sono tutti variazioni del medesimo e poco conta che si presentino poi con sfumature cromatiche differenziate: la destra sceglie il bluette, la sinistra opta per il fucsia.

Il programma della destra bluette sta nello sconfiggere la sinistra fucsia e viceversa. Al di là di questi proclami di vuota profondità roboante ma priva di contenuti vi è però il medesimo oggetto ossia quel contenuto voluto e imposto dalle classi dominatati e dal mercato sovrano su scala cosmopolitica. Destra bluette e sinistra fucsia competono allora per andare al governo a fare le riforme volute e imposte dai mercati, dalle agenzie finanziarie, dalla BCE e dal fondo monetario internazionale. Da una diversa angolatura destra bluette e sinistra fucsia rappresentano l’interesse dell’alto (vale a dire della plutocrazia neoliberale) contro il basso cioè i ceti medi e le classi lavoratrici.

Ordunque la foto del meeting di Rimini raffigura tutto questo in maniera plastica, quasi potrebbe essere assunta come l’illustrazione grafica dell’obsolescenza ormai avvenuta della dicotomia oppositiva di destra e sinistra che sono ormai divenuti semplici varianti del medesimo, le due sfumature del partito unico neoliberale.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro