Quest’anno al meeting di Rimini (come viene celebrato) ha fatto la sua epifania anche l’immarcescibile ministro Roberto Speranza il quale ha insistito molto – cosi leggo su Adnkronos – sul diritto alla salute come priorità. “Investire ancora di più sul servizio sanitario nazionale” ha detto il ministro Speranza e queste parole sono senz’altro pienamente condivisibili. Ha detto altresì “le due priorità assolute sono e saranno sempre il diritto alla salute rispetto agli altri interessi in campo e la centralità dell’evidenza scientifica“. Queste le parole del ministro dal sempre guardingo e vigile sguardo Roberto Speranza secondo quanto riportato da Adnkronos.

Ebbene non dimentichiamo – non potremmo del resto farlo – che il ministro Roberto Speranza è colui il quale in ben due governi ha sequestrato le libertà fondamentali degli italiani e lo ha fatto, giustappunto, in nome delle cosiddette ragioni della sicurezza pubblica e della salute. Confinamenti domiciliari coatti e coprifuoco, distanziamento sociale e sospensione dal lavoro: questo e molto altro è l’orrore prodotto in questi due anni, sempre giustificato – lo ripeto – come finalizzato a un bene maggiore, quello della salute pubblica, quello della sanità.

Proprio qui sta il vulnus del ragionamento e dirò di più del dispositivo del leviatano tecno-sanitario fondato sul paradigma bio-securitario. Quel paradigma ci dice, ci ha detto e continuerà a dirci, che – poiché vi è un’emergenza e poiché tale emergenza mette a repentaglio la salute di tutti e di ciascuno – occorre limitare i diritti e le libertà proprio perché il diritto alla salute viene prima di tutti gli altri e in tal guisa vengono giustificate le limitazioni, per non dire le compressioni, delle libertà e poi anche dei diritti. Ciò che in un contesto di libertà verrebbe ipso facto identificato come una drastica riduzione autoritaria dei diritti e libertà può invece apparire come una benefica cura rispetto a un emergenza terapeutica che mette a repentaglio le vite di tutti e di ciascuno. Come a dire “non guardate a ciò che vi togliamo (libertà e diritti), guardate a ciò che vi garantiamo togliendo, giustappunto, diritti e libertà: la salute come il bene più grande”. Sotto questo riguardo bisognerebbe pur tornare a ragionare sul fatto che la libertà non può essere limitata in nome di nulla, nemmeno della salute.

Non mi stancherò mai di ribadirlo: la paura di morire non impedisce di morire, impedisce semmai di vivere. Proprio come la rinuncia alla libertà per la sicurezza non ci rende degni né della libertà né della sicurezza. Insomma il dualismo tra libertà e vita è quello che permette agli araldi dell’ordine terapeutico di giustificare e di fare accettare ai più quelle limitazioni di libertà e di diritti che sono in realtà inaccettabili.

Lo dico nella forma più estrema: quand’anche facesse la sua comparsa un virus dalla letalità del 70%, ex hypothesi, nemmeno questo varrebbe a giustificare una limitazione della libertà, perché la libertà non può essere limitata, non può essere contrastata in alcun modo, occorrerà semmai come occorreva anche in precedenza, potenziare gli apparati della salute pubblica e potenziare semmai il sistema sanitario nazionale. A proposito, il ministro Speranza invoca, come è giusto, il potenziamento del sistema sanitario nazionale, ma cosa hanno fatto in questi anni i governi che si sono succeduti di destra bluette o di sinistra fucsia? E perché nel Recovery Plan poca parte dei fondi erano destinati alla sanità pubblica rispetto alla massima parte dedicata invece alla digitalizzazione, alla green economy (transizione del green, transizione ecologica) e ancora alla parità di genere. Ebbene non sono forse parole che paiono poco sostenute dai fatti?

Sotto questo riguardo la priorità, dice Speranza a Rimini, è il diritto alla salute ma tale priorità – l’abbiamo capito – è poi il grimaldello per decostruire le libertà e gli altri diritti, come è stato fatto negli ultimi due anni e mezzo. Non dobbiamo dimenticarlo, mai.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro