Il magazzino effettivo dei crediti riscuotibili dallo Stato ammonta a circa il 7% del totale. Una cifra irrisoria rispetto alla montagna vantata dallo Stato di circa 1000 miliardi. Parliamo di un debito accumulato nei confronti di diversi enti creditori, primariamente: Agenzia delle Entrate e in misura minora l’Inps, Inail, i ruoli dei comuni e gli altri enti non erariali.

Insomma una mole enorme di crediti difficilmente esigibili dallo Stato. Ai roboanti proclami fatti da ogni governo in merito al recupero dei crediti vantati dalla P.A. occorre aggiungere una variante rilevante: il tempo. Se si divide tale credito accumulato in circa vent’anni in quattro gruppi temporali da 5 anni, si scopre che il settore più vecchio, quello dei crediti vantati dallo Stato verso i contribuenti, ha una stima reale di recupero inferiore al 4%.

Il bilancio dello stato è falso. Se noi applicassimo veramente le regole fiscali come lo Stato pretende che siano applicate alle PMI e delle grandi, noi dovremmo fare una svalutazione crediti. Un’impresa che si porti nella pancia crediti vecchi di 15 anni potremmo di fatto dire che sta mettendo dei dati falsi in bilancio o per lo meno che non rispondono ai principi del codice civile che sottolinea la veridicità del bilancio, redatto secondo principi di prudenza.

Non pare che sia prudente mantenere nel bilancio dello Stato dei crediti che vanno dal 2000 al 2005 e che sono recuperabili, secondo stime di banca d’Italia, al 4%. Esiste un modo di ragionare dello stato italiano ormai miope. Stiamo massacrando un sistema imprenditoriale ormai da 40 anni, fatto di piccole, medie e micro-imprese. Non si può più continuare su questa strada. Può essere la volontà di distruggerlo ma non è questa strada per risolvere i problemi. Bisogna dare fiato all’economia aiutando le medie, piccole e microimprese perché sono queste che tengono insieme lo Stato italiano.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi