Lo scenario economico del Bel Paese non regala certo sorrisi. Gli ultimi dati ISTAT non lasciano scampo. Negli ultimi 25 anni stipendi in picchiata e un numero spaventoso di aziende costrette a dichiarare il fallimento.

Cosa non ha funzionato dall’ingresso dell’Italia nell’era della moneta unica? L’euro sembra aver causato conseguenze più nefaste che incoraggianti. Il costo della vita, con il passare delle epoche, è andato via aumentando la sua pressione asfissiante su lavoratori e famiglie. D’altro canto il livello medio degli stipendi assicurati ai dipendenti è sceso inesorabilmente. Nel resto del Vecchio Continente invece la situazione appare decisamente diversa. Nazioni come Islanda e Olanda snocciolano numeri da noi invidiati.

Altro tema triste riguarda il quadro deprimente delle piccole e medie imprese. Al giorno d’oggi le realtà che, di fatto, caratterizzano la struttura portante del sistema economico dello stivale rischiano una vera e propria estinzione. Ricordiamo che le percentuali più elevate di addetti in Italia operano appunto nelle cosiddette micro attività imprenditoriali.

L’intervento del Prof. Valerio Malvezzi ai microfoni di “Un giorno speciale”

Stipendi degli italiani a picco negli ultimi 25 anni

Quelli che hanno qualche anno in più di noi ricorderanno come erano gli stipendi degli italiani negli anni ’60-’70-’80-’90, cioè prima dell’introduzione dell’euro. Voglio farvi vedere come sono cambiati gli stipendi reali dei vari paesi negli ultimi 25 anni. Con il livello di stipendio percepito negli anni settanta i nostri genitori potevano permettersi l’acquisto addirittura di case. La verità è che tutti si dimenticano che nel 1973 ci fu un’altra guerra che fece esplodere il prezzo dell’energia. La differenza è che all’epoca gli stipendi reali seguivano l’aumento dell’inflazione. Bisogna quindi preoccuparsi della stagflazione. Sostanzialmente ora non aumenta l’economia reale quando aumentano i prezzi. Nel primo grafico si nota che tutti gli altri paesi hanno registrato un aumento degli stipendi medi, mentre Spagna e Italia sono rimaste al palo“.

Italia leader nella classifica dei fallimenti di imprese

In termini di fallimento, solo nel primo trimestre del 2021, vediamo che la situazione è totalmente diversa dalle altre parti del mondo. Abbiamo paesi, come Islanda e Olanda, con numeri molto bassi e altri, come l’Italia, che sono invece i primi al mondo per numeri di fallimenti. I motivi di questo fenomeno possono essere i più svariati. Una delle spiegazioni è che il nostro tessuto socioeconomico è composto da piccole e micro imprese che, come si sa, sono quelle più deboli in situazioni problematiche“.

La nostra economia si basa essenzialmente sullo zoccolo duro di piccole e medie imprese

L’ultimo grafico riguarda l’aspetto della dimensione delle imprese. Da dati ISTAT risulta che la dimensione delle imprese sia prevalentemente fatta di piccole, micro e medie imprese. Attenzione perché qui l’ISTAT utilizza due categorie che in realtà stanno all’interno della stessa. Vengono considerate come micro imprese quelle con meno di 10 addetti, piccole imprese quelle da 10 a 50, medie imprese quelle oltre i 50 unità. Il grafico rappresenta il numero degli occupati all’interno di queste imprese. Si evince molto chiaramente che in Italia la maggioranza degli occupati opera nelle piccole e medie imprese“.