Al cospetto di una involuzione verticistica, occorre tornare a porre con enfasi la domanda posta a suo tempo da Lenin: “Che fare?”. Propongo una strategia di reazione, una pista di possibile emancipazione rivoluzionaria e di redenzione operativa articolata in tre passaggi che ritengo nodali e inscindibili l’uno dall’altro.

Il primo passaggio consiste, per dirla con Martin Heidegger, nella capacità dell’individuo di ritrovare se stesso nella dispersione anonima e alienante della civiltà di massa. Dove la propaganda martellante fa sì che ciascuno pensi come tutti pensano, che tutti agisca come si agisce.

In secondo luogo, occorre che l’individuo dia luogo a comunità solide e solidali, di resistenza rispetto al regresso antropologico, sociale, politico che sta prendendo forma. Occorre, cioè, ripristinare il legame sociale interrotto dalla nuova antropologia dell'”Homo homini virus”.

In terzo luogo, passaggio decisivo, occorre che queste comunità reali che prenderanno forma sul territorio diano vita a una forza politica. Una soggettività cosciente e rivoluzionaria che assuma come proprio obiettivo il riscatto dell’umanità offesa, la redenzione e la palingenesi rispetto a questo cosmo posto sotto il dominio assoluto di un capitalismo che è divenuto capitalismo terapeutico e Leviatano tecno-sanitario.

Occorre rigettare una società che in nome dell’emergenza perpetua limiterà sempre più i diritti e le libertà. La strada non sarà facile, certo, ma credo che questi tre siano i passaggi immediati da percorrere per una immediata presa di distanza rispetto al paradigma oggi egemonico che i più in lockdown cognitivo accettano con ebete euforia.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro