L’odio sociale come strumento di mantenimento del potere. Il meccanismo non è mai cambiato da quando l’essere umano ha imparato a utilizzarlo: i pochi che guidano i molti si servono della minoranza per guidare la maggioranza. Logica tribale che affonda le sue radici nel funzionamento della nostra psiche, nella logica per la quale il diverso è considerato una minaccia, dunque da emarginare nel migliore dei casi. I libri di storia sono pieni di pagine che concretizzano nel passato un fenomeno sempre presente: dall’antica Grecia e dall’impero romano fino ai novecenteschi casi su ebrei e afroamericani. Tutti gruppi colpevoli dei mali altrui, resi capro espiatorio da chi possiede i mezzi per instaurare questo procedimento.

Non serve nemmeno citare la categoria creata arte che oggi, nel 2022, è additata come causa delle difficoltà. Prendiamo soltanto ad esempio le parole pronunciate non più tardi di un mese fa dal Premier del Governo italiano, Mario Draghi: “Gran parte dei problemi dipende dal fatto che ci sono non vaccinati”. Nulla di sorprendente alla luce di ciò che è stato detto da altri personaggi pubblici contro le persone che hanno esercitato un loro diritto.
Dentro il meccanismo della genesi dell’odio si è addentrato in diretta il professor Alessandro Meluzzi, in diretta insieme all’endocrinologo Vanni Frajese. Ecco la spiegazione di Meluzzi e Frajese ai microfoni di Fabio Duranti a Un Giorno Speciale, con Francesco Vergovich.

“Un meccanismo fondamentale attraverso il quale i pochi governano i tutti è legato ad alcune meccaniche psicologiche che il potere ha sempre utilizzato. Tra questi quello di utilizzare un pezzo di cervello che noi abbiamo per il quale noi riconosciamo come nostre soltanto un numero di persone che non supera il centinaio. Tutti gli altri sono considerati estranei, potenzialmente aggressivi, potenzialmente ostili.

Se noi cominciamo a utilizzare questo meccanismo per governare centinaia di migliaia, milioni, miliardi di uomini diventa spietato. Per poter esercitare il potere bisogna trovare un capro espiatorio. Bisogna trovare un gruppo che diventi il colpevole di tutto quello che di sfigato succede: malattie, povertà, dolore. Quindi ci vuole un nemico, perché il nemico diventa un elemento di stabilizzazione. Quando c’è un nemico numeroso c’è la guerra, che qualcuno un po’ cinicamente come Filippo Tommaso Marinetti ha chiamato ‘unica igiene del mondo’. Quando non c’è una guerra, ma c’è una guerra strisciante bisogna che il potere identifichi una vittima a capro espiatorio che è l’origine di tutti i miei mali. Quindi sarà quello che razzialmente è diverso, l’ebreo, il nero, lo zingaro”.