E’ davvero avvilente constatare che in un periodo tanto delicato in cui un Governo calato dall’alto sta prendendo decisioni che vincoleranno per sempre il Paese e che hanno un impatto enorme sulla vita e sulla salute dei cittadini, non ci sia assolutamente alcun tipo di opposizione: sono tutti saltati sul carro del vincitore.
L’altro giorno per esempio sentivo la Meloni dire tantissime cose giuste, per poi concludere con una frase che mi ha gelato il sangue: “Ho grande stima per il Presidente del Consiglio Draghi“.
Che tristezza. Neanche la “meno peggio” ha capito nulla.

O forse, ahimè, dovrei dire che ha capito tutto.

Cerchiamo quindi di spiegare agli italiani perché non si può avere stima del Draghi politico ed essere allo stesso tempo in buona fede.

A Draghi nel 1992 chiesero di fare una scelta. “Vuoi fare politica per il bene comune, per il paese, per il popolo o vuoi fare la carriera da lobbista per interessi privatistici di potentati bancari e finanziari internazionali?“.
Draghi scelse la seconda via. E lo fece da subito, a bordo del Britannia, quando il 2 giugno del ’92, durante la conferenza sulle privatizzazioni, scelse di favorire il gota della finanza internazionale, in particolare la banca d’affari Goldman Sachs a cui dovrà poi i suoi scatti di carriera nel mondo bancario.

Poi, ovviamente, non dovendo fare gli interessi dei popoli né dei lavoratori non scelse di entrare in un sindacato, ma entrò nel Gruppo dei Trenta: un’organizzazione elitaria super esclusiva che porta avanti gli interessi di trenta potentissimi membri del jet set finanziario internazionale. Quali interessi? Inutile dirlo: diametralmente opposti a quelli dei popoli.
Sempre con loro, Draghi decise di scrivere il vademecum per l’uso dei derivati dal titolo “Derivati, pratiche e principi”. Uno scritto che andava sempre e palesemente negli interessi delle speculazioni finanziarie e contro gli interessi delle amministrazioni pubbliche o dei paesi che adottavano questi strumenti finanziari per truccare i conti. E’ ovvio, un lobbista e così che opera: negli interessi delle lobby.

Draghi arrivò poi alla Banca Centrale Europea, dove fu chiamato a decidere se fare gli interessi del popolo italiano e del governo democraticamente eletto, magari acquistando titoli di Stato per calmierare l’impennata dello Spread; oppure mandare una lettera al governo in cui richiedeva misure di macelleria sociale per massacrare i popoli e rimandare l’acquisto dei titoli italiani facendo impennare lo Spread e favorendo il commissariamento dell’Italia da parte della finanza internazionale che, come sappiamo, mandò Mario Monti – ex Goldman Sachs – al governo del paese.
I motivi della scelta di Draghi? Semplice, i lobbisti operano in questo modo: favoriscono sempre e solo altri lobbisti.

Sempre nel Gruppo dei Trenta, a dicembre 2020, Draghi ebbe un ruolo da protagonista nello stilare il rapporto sulle scelte da fare nei confronti delle aziende nel post-Covid, dove parlò e scrisse nero su bianco di “aziende zombie”, ossia quelle aziende andate in sofferenza che non dovevano essere aiutate. Dei morti che camminano che potevano causare insolvenze al sistema bancario.
In fondo è così che agiscono i lobbisti: tutelano le banche e fanno morire le imprese che non ritengono strategiche.

Oggi quel lobbista è il nostro Presidente del Consiglio. Ovviamente non proviene da uno schieramento eletto, quindi non ha legittimazione popolare. Questo non perché abbia avuto un’obiezione di coscienza nei confronti dei popoli, ma semplicemente perché in un momento d’emergenza come questo serviva un lobbista per far sì che tutto venisse gestito dalle lobby.

Mi dite ora come è possibile che la Meloni lo stimi come Presidente del Consiglio?
Io spero sia in buona fede, ma nel frattempo – morale della favola – il paese resta senza un’opposizione consapevole.

C’è una lotta di classe, è vero, ma la mia classe l’ha vinta“. Parola di Warren Buffet, maggior investitore finanziario del mondo.
Del resto se mettiamo dei lobbisti a difenderci dalle lobby…

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