È tornato a fare mostra di sé e del suo ormai palese comportamento post-democratico Mario Draghi, l’euroinomane di Bruxelles, l’uomo che lavorò per Goldman Sachs e che comparve a bordo del panfilo Britannia nel 1992, l’unto dai mercati che governò la BCE e che disse testualmente che occorreva salvare l’Euro “Whatever it takes”, qualunque cosa ciò implicasse.

Proprio Mario Draghi senza fare motto si è alzato dal tavolo della trattazione con i sindacati e se ne è andato senza batter ciglio con un atteggiamento tra lo sdegno e l’indifferenza. Quel gesto, ripreso da tutti i giornali nazionali, rappresenta in maniera perfetta la sorda arroganza, la sorda arroganza del padronato cosmopolitico che sta sulla plancia di comando a dettar legge e ad imporre la propria voluntas.

Il capitale cosmopolitico non sente ragioni e non è in nessun modo disposto al comando. È disposto soltanto al comando a senso unico, ben raffigurato a sua volta nella squallida scena della mano draghiana sulla spalla del sindacalista qualche settimana addietro. In quella immagine era custodito il senso di un rapporto asimmetrico che ben rispecchiava in effetti il nesso tra capitale e lavoro, tra padronato e sindacati, nel tempo della globalizzazione infelice.

Il capitale impone i suoi comandi, cioè quelli a beneficio dei gruppi oligarchici neoliberali, e non vuole sentire ragioni. Il movimento a senso unico della parola rispecchia fedelmente quello, egualmente a senso unico, dei rapporti di forza. Ciò nella forma di un vero e proprio massacro di classe dall’alto, gestito saldamente dai gruppi neo-padronali cosmopoliti sulla plancia di comando. Questi ultimi chiamano ormai da tempo riforme le loro vive aggressioni al mondo dei diritti e del lavoro. Usano la sprezzante formula magica “avete fin ora vissuto al di sopra delle vostre possibilità” per giustificare le più oscene pratiche neo-liberali della de-salarizzazione, delle privatizzazioni selvagge e delle liberalizzazioni neo-cannibaliche.

I sindacati, se ancora fossero la voce dei lavoratori, dovrebbero difendere incondizionatamente i diritti e il lavoro, oggi opponendosi anche all’infame tessera verde della discriminazione a norma di legge. I sindacati sono attualmente troppo occupati nella lotta all’emergenza del fascismo per potersi realmente occupare dei lavoratori. Questi ultimi restano soli e afasici, condannati a subire ogni giorno le aggressioni del blocco oligarchico neo-liberale e ciò appunto con il sostegno della destra bluette e della sinistra fucsia, le due ali dell’aquila neoliberale.

È bastato che Draghi incontrasse qualche timida resistenza, qualche lieve increspatura al tavolo delle trattative e subito se ne è andato. Con ciò ha chiarito il contegno dei gruppi dominanti rispetto alle classi dominate e ha mostrato chi realmente comanda e chi dietro un dialogo puramente fittizio, deve recepire e ubbidire, anche come in questi giorni sul tema delle pensioni.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro