Il Governo italiano potrebbe aver stabilito per decreto un “uso distorto e discriminatorio” del Green Pass: è questo l’assunto di partenza dell’interrogazione urgente presentata in data 28 luglio 2021 dall’eurodeputato Antonio Maria Rinaldi. Con il Dl 23.7.21 n.105 l’Esecutivo guidato da Mario Draghi ha introdotto l’obbligo della certificazione verde per accedere “ai servizi di ristorazione al chiuso, spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive, musei e tante altre attività culturali e ludiche”. Disposizioni che potrebbero essere in conflitto con le normative europee, in particolare con il Regolamento UE 2021/953 sul Digital Covid Certificate e con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

L’iniziativa parlamentare promossa dall’Onorevole della Lega è stata letta in diretta dallo stesso Rinaldi, ospite in studio di Fabio Duranti e Stefano Molinari. Due le domande finali poste dall’economista nella sua interrogazione, quesiti che potrebbero aprire alcuni scenari delineati a Un Giorno Speciale.

Ecco l’intervento dell’On. Antonio Rinaldi.

“Io in qualità di Europarlamentare ho la possibilità di poter formulare delle interrogazioni, come avviene in Italia in tutti quanti i Parlamenti nazionali. E ne posso presentare praticamente un numero limitato. Inoltre posso presentare una sola interrogazione al mese urgente, cioè ha un corridoio più ‘veloce’ e la Commissione deve risponderti in tempi relativamente brevi. Mentre nelle interrogazioni ordinarie in genere ti rispondono dopo 3 mesi/3 mesi e mezzo, va da da sé che io questa interrogazione l’ho presentata il 28 luglio.

Come vedrete nell’interrogazione io faccio riferimento a un regolamento europeo 953 del 14 giugno di quest’anno (autoapplicativo per i Paesi dell’Unione) e al Decreto Legge 105 del 23.7.21.

Ragionando le risposte posso essere di due tipi: o possono dire che l’Italia ha ben interpretato perché c’è una discrezionalità da parte degli Stati, oppure può dire che l’Italia è in sanzione perché questo Decreto Legge è in palese contrasto con il regolamento europeo e soprattutto è discriminatorio nei confronti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.