Nella puntata di ieri dicevo che l’Italia ha preso l’invidiabile primo posto, ed è sarcastico il mio commento, come misuratore di ingiustizia, cioè il coefficiente di Gini, l’indicatore che misura sostanzialmente il fatto che se lo stato abbandona l’economia il risultato è che questo indicatore aumenta, cioè diventa più sperequata la ricchezza, meno omogenea. Procediamo.

Quindi la liberalizzazione del movimento dei capitali, la deregolamentazione dei mercati, le continue crisi finanziarie, politiche di privatizzazioni selvagge dell’economia, la lotta al debito pubblico attraverso l’aumento delle tasse e la riduzione delle spese avrebbero dovuto migliorare l’economia. Dopo quattro decenni ininterrotti di tale fideistica soluzione, abbiamo sperimentato in tutti i modi la distruzione della società e l’arricchimento dei soli grandi player borsistici.

Questa è la pillola di oggi. Io vedo che la maggioranza degli italiani continuano a pensare che l’euro e l’Europa siano quello che ci hanno salvato. Salvato da che? Noi abbiamo avuto aumento della disoccupazione, perdita di posti di lavoro, riduzione delle pensioni, riduzione dei servizi sociali, distruzione della sicurezza del lavoro, distruzione del sistema delle piccole e medie imprese, distruzione del sistema delle piccole banche e potrei andare avanti a raccontarvi cose che se vi guardate intorno potete osservare anche voi. Allora dopo quattro decenni che noi continuiamo sulla strada delle privatizzazioni selvagge, della lotta al debito pubblico, dell’aumento delle tasse, della riduzione della spesa pubblica e ci rendiamo conto che la gente sta male, che perdiamo posti di lavoro, che perdiamo competitività e via discorrendo, questo approccio fideistico alla dottrina neoliberista è indiscutibile anche di fronte all’evidenza.

Dicono: “eh, ma se non avessimo fatto così sarebbero andate peggio le cose”. Voi capite che è un ragionamento indimostrabile. Io dico guardate che stiamo continuando ad andare nel baratro, continuiamo ad avere dei morti in economia, gli imprenditori non ce la fanno più a pagare le tasse, le assunzioni stanno crollando, i servizi pubblici sono a pezzi. In questi giorni ho girato tra Milano e Roma, ho parlato con i tassisti per la strada. L’opinione di chi vive sulla strada come un tassista è molto chiara. Nelle città più importanti d’Italia, ma questo vale per le periferie, le cose vanno peggio, molto peggio di 10, 20, 30 anni fa. Gli unici che ci hanno guadagnato sono i grandi player borsistici. Cosa altro vi devo dire?

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi