In questi giorni, paradossalmente proprio in questi, ci rendiamo conto del fatto che non avevano bisogno di nessuna sciagura, incendio o altro che sia, per sentirci vicini al popolo della Sardegna. Popolo, sì, che non sarà mai “gente”, in termini generici, né tantomeno folla, indistinta e imbastardita, come quella che troveremmo quasi in qualsiasi altro angolo del mondo. Tutti noi che conosciamo una o più persone che abbiano le loro radici in quella terra (non banalmente isola, perché un’isola è tale solo se la guardi dal mare), abbiamo imparato da loro qualcosa, a cominciare dal loro orgoglio mai gridato, mai troppo né folcloristicamente sbandierato, ma suffragato da un modo quotidiano di essere, di pensare, di lavorare, di ridere e di amare; soprattutto, di esserti amico, in un modo talmente profondo e schietto che se glielo calpesti o non sai apprezzarlo, è naturale che molto difficilmente tu possa avere una seconda occasione. 

Ed è banale anche voler bene alla Sardegna soltanto perché pensiamo a una o più vacanze trascorse facendo il bagno nelle sue acque cristalline e sfumate da un caleidoscopio di colori, a seconda dell’ora del giorno in cui le si guarda; che nulla hanno da invidiare ad alcun mare tropicale. L’anima sarda tutto è tranne che un’immagine convenzionale da cartolina, o una zona franca dove attraccano eserciti di arricchiti e fungaie di tette rifatte. Quelli sono soltanto un mal sopportato inquinamento stagionale. 
La Sardegna autentica è terra ed entroterra che il mare accarezza o schiaffeggia a seconda dei suoi umori che nessun depliant turistico potrà mai essere degno di ospitare. È microeconomia che salvaguarda un’anima secolare pur sapendo guardare al mondo che cambia, riservandosi ogni volta la scelta di assecondarlo o meno. È cultura di profumi e sapori che puoi scoprire davvero soltanto a casa di quell’amico. Di latte, di miele e di piante profumate che vengono su come decidono loro. 


Se in un tempo come questo, dove l’aggettivo “globale” si adopera talmente tanto da non capire più cosa voglia significare, c’è una terra che possa svelare tutto il bello e l’autentico di ciò che è locale, questa è la Sardegna, soprattutto in quei suoi ettari oggi violentati dal fuoco, nascosti dal fumo. E quando il libeccio avrà disperso tutta la cenere degli infami che continueranno a restare anonimi, nel vedere i sardi che si rimboccano le maniche tutti noi scopriremo di avere imparato da loro l’ennesima declinazione della dignità. 

Paolo Marcacci