Un piano dal valore complessivo di 222,1 miliardi di euro: così viene presentato da politici, media e sostenitori dell’Unione Europa il Recovery Plan in Italia. Si tratta della maggiore fetta del Next Generation EU, che mette a disposizione ben 750 miliardi di euro per la ripresa dei 27 Stati Ue travolti dalla crisi della pandemia. Cifre e soldi che al momento restano solo stampati su carta perché, a quasi un anno dall’elaborazione del progetto, ancora niente è entrato nei portafogli di istituzioni e cittadini.

Ma oltre alla tempistica del provvedimenti, a far riflettere sono anche le modalità di attuazione. Vale a dire la tanto discussa divisione tra aiuti a fondo perduto e prestiti, questi ultimi in misura cospicua e prevalente. Il passo successivo all’elargizione dei soldi sembra così già segnato: un’introduzione di nuove tasse per ripagare i debiti fatti con l’Europa.

Ne è convinto il senatore della Lega Alberto Bagnai, che in diretta con Antonello Angelini e Francesco Vergovich ha lanciato una previsione sul futuro: “L’Europa dirà: noi vi abbiamo aiutato facendovi indebitare, adesso dovete restituirci i debiti e quindi vi tassiamo”.

Ecco l’intervista all’Onorevole Bagnai a Un Giorno Speciale.

Come si resiste alla voglia di nuove tasse?

Si resiste entrando al Governo, come abbiamo fatto per diversi buoni motivi tra i quali quello che non ci volevano. Ma siamo entrati proprio per segnare una linea di resistenza a tentativi di questo tipo. Questo deve essere un Governo di salvezza nazionale e la salvezza la si ottiene non compromettendo quello che si ha. È del tutto vero che esiste la volontà, la pulsione di mettere nuove tasse che in parte è incardinata nello stesso Recovery. Il Recovery sarà debito, in ogni caso. I famosi 750 miliardi che l’Europa distribuirà dovranno essere presi a prestito dai mercati. E quindi dovranno poi essere restituiti ai mercati”.

Dentro il Recovery Fund

Tanto per fare un quadro sul Recovery: ad oggi sono solo 20 Paesi su 27 che hanno ratificato la decisione sulle risorse proprie. Che cos’è questa cosa di cui nessuno parla? È la decisione di mettere nuove tasse sui cittadini europei: plastic tax, web tax, digital tax, ecc… Mettere queste nuove tasse che dovranno servire a onorare il debito, pagare gli interessi. Quello che va saputo è che finché tutti i 27 Stati non avranno ratificato queste decisione, non si potrà emettere nessun titolo da parte della Commissione europea, non si potrà raccogliere un singolo euro sul mercato, non si potrà dare un singolo euro agli Stati membri.

Quindi da un lato ‘che fretta c’era maledetta primavera’, la scadenza del 30 aprile era assolutamente ordinatoria e non perentoria. Dall’altra parliamoci chiaro: se un piano di aiuti che deve aiutarci e sollevarci dalla pandemia, arriva a pandemia conclusa è chiaro che non serve a questo. E se non serve a questo, serve a qualche altra cosa. Serve a creare un debito comune, lo ha detto Gentiloni in audizione, perché l’esistenza di un debito europeo per raccogliere risorse giustificherà poi ulteriori spostamenti di potere in positivo a livello europeo. Cioè l’Europa dirà: noi vi abbiamo aiutato facendovi indebitare, adesso dovete restituirci i debiti e quindi vi tassiamo. Un caso simpatico di ‘taxation without representation’: si torna indietro di un paio di secoli”.

“Draghi non mi ha fatto cambiare idea”

Non sarà certo Draghi, né altri, a farmi cambiare idea. Il problema dell’euro non è la sua irreversibilità, ma la sua sostenibilità. Quanto possiamo permetterci una moneta unica che squilibri ne crea. C’è il solito problema che c’è con l’Europa: si spinge avanti nei momenti di crisi perché cerca di imporre un certo tipo di visione ai cittadini dei Paesi. I cittadini dei Paesi hanno il diritto di resistere, noi resistiamo”.

Il rischio di indebitarsi troppo

Torno a dire: come funziona il Recovery? L’Europa prende in prestito e poi dà agli Stati. Dà in prestito, gli Stati si indebitano con l’Europa. Sono obbligati a farlo? No, lo fanno se vogliono. Chi ha deciso di farlo? Solo Italia e Grecia. Tutti gli altri Stati no, o in misura irrisoria. Se noi decidiamo di indebitarci così tanto con l’Unione europea, diamo il segnale di credere che i mercati non abbiano fiducia in noi. È follia! È follia dare un segnale di questo tipo. Io l’ho detto, l’ho messo a verbale, la mia coscienza è a posto. Poi ci sarà la storia che giudicherà”.