Oggi vado a trovare un amico, l’editore Fabio Duranti. Con lui abbiamo immaginato un po’ di tempo fa di fare delle puntate, prima delle pillole sull’economia umanistica che io faccio tutti giorni su questa radio. E poi dei discorsi sull’economia umanistica: io ne ho fatti tre. Ma vorrei farne altri tre, almeno, che ho preparato, però vorrei sapere un po’ che cosa ne pensate.

Io sono un uomo indipendente, vivo del mio lavoro. Faccio il libero imprenditore e il libero docente. E come tale mi guadagno da vivere. E poi decido di parlare della mia attualità. Perché lo faccio? Non lo so, sinceramente me lo chiedo se abbia un senso. Ma tante volte penso di no, penso che sia inutile e sinceramente mi viene voglia di smettere.

Allora vi chiedo: ma secondo voi quello che sto facendo ha un senso? E se sì, ditemi quale, perché mi piacerebbe saperlo. Certo non è un fatto economico. Quindi uno fa queste cose perché pensa di non dire la verità, ma di dire quello che pensa. Che nell’epoca nella quale viviamo e considerando come si sta comportando il mio Parlamento, penso che sia un lusso non per tutti dire quello che veramente si pensa.

E allora voglio fare dei discorsi sull’economia umanistica, sull’economia e sul bene, inteso come bene collettivo. Sull’economia e sull’arte, intesa come alta e nobile espressione dell’epoca umana di ogni momento. Dell’economia della politica e del logos. Sono un ciclo di discorsi che dal mio punto di vista parlano dell’economia umanistica, cioè dell’economia dell’uomo. E non dell’economia dei mercati e della finanza. Ma l’economia che parla di imprese, aziende, lavoro e soprattutto di famiglie, di esseri umani nelle loro aggregazioni. E’ un’economia semplice, agricola, contadina, come quella del mondo dal quale io vengo.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi