Nei giorni precedenti ho preso una posizione scomoda, controcorrente sul fatto che, lo dico da anni, il reddito di cittadinanza non risolve i problemi del lavoro. Anzi, li peggiora, perché avendo parlato con molti imprenditori soprattutto nel centro-sud Italia, mi hanno riferito delle difficoltà di assumere. In una situazione pandemica come questa è veramente problematico.

Lo Stato deve creare posti di lavoro, non dare le elemosina. Ma per creare lavoro occorre prioritariamente liberarsi dei vincoli imposti dalla Troika, cioè in Italia la spesa pubblica, le privatizzazioni e la logica dell’inasprimento fiscale. Tali elementi sono le catene del sistema economico italiano, ma nessuno, o quasi, al momento ha il coraggio, la dignità e la forza politica in primis di combattere i dettati del modello neoliberista internazionale.

Il nocciolo della questione che io voglio dirvi dalle pagine di questa rubrica di economia umanistica è che oggi noi siamo costretti ad accettare il reddito di cittadinanza perché i nostri concittadini sono alla fame, perché molti giovani non hanno posti di lavoro, e sembra che sia l’unica soluzione possibile.
Ma santo cielo, c’è un’altra soluzione: si chiama far lavorare queste persone!

Allora si dice che non ci sono soldi per farle lavorare. Ma come?
Mancano forse gli ingegneri?” diceva Keynes in una trasmissione radiofonica di 70 anni fa, “mancano forse gli operai?” No, gli rispondevano. Allora lui chiedeva se mancasse il cemento, il ferro. “No”.
E allora la moneta? La stampiamo.

Il punto nodale che non si vuole affrontare – perché è un tabù, e non si vuole far capire alle persone – è che noi, da 40 anni, avendo fatto il divorzio tra la Banca Centrale e il Ministero del Tesoro, siamo costretti con un meccanismo perverso che si chiama “aste marginali di mercato” a vendere i titoli di Stato italiani al prezzo peggiore per lo Stato italiano, facendo così esplodere i tassi di interesse, dare interessi speculativi non dovuti a un sistema di banche private, avere un rapporto debito-Pil che è aumentato non per la spesa pubblica, ma per la componente interessi. E tutto questo ci vincola nello sviluppo, perché siamo costretti a inasprire le tasse, spremere gli imprenditori, metterli nella condizione di non poter assumere e, alla fine, creare della disoccupazione e dei poveri in Italia. Infine mettere tutto a tacere con il reddito di cittadinanza.
Mi dispiace, io non sono d’accordo. Voglio creare posti di lavoro veri, non una società di persone comprate con il voto di scambio.

Malvezzi Quotidiani, l’Economia Umanistica spiegata bene