L’happy ending, si sa, appartiene soltanto al registro narrativo delle fiabe: dove tutto finisce bene e anche le contraddizioni più spigolose, in ultimo, si appianano. La realtà quotidiana, per parte sua, presenta se non sempre, assai spesso esiti drammatici; esiti in cui purtroppo a trionfare è lo scenario peggiore.
Non fa eccezione quanto accaduto in merito alla sfiducia proposta per il ministro della Salute Roberto Speranza, del quale in tutta sincerità speravamo di cuore in un nuovo futuro di scrittore di best sellers come “Perché guariremo” pur di non vederlo più sullo scranno di ministro della salute.

Del resto, come più volte ho evidenziato, la gestione dell’emergenza epidemiologica da parte del governo italiano può complessivamente definirsi catastrofica, come peraltro corroborato dai disastrosi numeri che purtroppo rendono l’Italia un exemplum in negativo a livello europeo.
Ebbene, il Senato ha bocciato la sfiducia a Speranza, solo 29 voti a favore. Anche la Lega di Salvini ha avuto il coraggio, per non dire la sfacciataggine, di appoggiare il ministro dal sempre riflessivo e pensoso sguardo, con ciò fugando ogni residuo dubbio circa il suo reale posizionamento nel diagramma dei rapporti di forza: la Lega, che fu partito della Padania e poi della sovranità nazionale, si scopre ora fazione degli euroinomani capitanati da Mario Draghi, il teorico del salvataggio dell’euro “whatever it takes”.

Il mutamento metamorfico-kafkiano può dirsi compiuto. La Lega si avventura, dulcis in fundo, ad appoggiare Roberto Speranza, non appoggiando la sua starei per dire “doverosa” sfiducia. Sì, proprio lui. Il ministro che disse testualmente che poneva in essere “con animo sereno” le misure emergenziali anti-Covid che avrebbero, di lì a poco, compiuto una ecatombe di lavoratori e di attività lavorative. Ancora, il ministro che, nel suo già citato best seller, ritirato dal commercio ancor prima di arrivare in libreria, si permise senza pudore di asserire che bisognava “imporre” agli italiani di stare in casa e chiudere le attività “non essenziali”.
Ancora, il ministro che disse testualmente, sul proprio profilo Facebook, “la sanità pubblica viene prima di tutto” dopo aver militato in partiti e governi che l’avevano ampiamente decurtata in nome del vangelo neoliberista dei tagli e della spending review.

Speranza resiste e persiste: sopravvive al governo giallofucsia presieduto dall’avvocato dei mercati Giuseppe Conte e non riesce a fermarlo neppure la proposta di sfiducia recentemente avanzata. Insomma, continua a rimanere dov’è, immarcescibile e inamovibile. Il ministro Speranza, delizia del genere umano, pronto a tutelare, come finora ha fatto, la salute degli italiani.
E soprattutto a occupare stabilmente il posto che occupa già da parecchio tempo.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro