Diceva Nietzsche che compito precipuo del filosofo è sempre essere la coscienza critica della propria epoca, o, se si preferisce, il luogo in cui i grumi di problemi, di contraddizioni e di storture del proprio tempo pervengono ad autoconsapevolezza.
Ebbene, se questo è il compito della filosofia, almeno secondo Nietzsche, dobbiamo più che mai far riferimento a una filosofia che sappia problematizzare il proprio tempo, spazzolando contropelo il presente per adombrarne le molteplici contraddizioni.
Ecco allora che se volessimo fare nostra la lezione di Nietzsche, potremmo provare anzitutto a dare conoscenza di un problema che mi sembra della massima importanza e di cui, peraltro, in questi giorni si comincia, sia pure timidamente, a discutere.

Per un verso, nonostante gli ormai molteplici casi avversi, per usare un eufemismo, i padroni del discorso, i monopolisti della parola, gli anestesisti del consenso, seguitano indefessamente a ripetere in maniera pappagallesca che i vaccini di AstraZeneca sono sicuri e ottimali. Di più, debbono essere fatti e non vi è alcun motivo per tentennamenti o esitazioni.
Addirittura vi è stato chi ha detto che non riesce a comprendere come taluni inizino ad avere dubbi e perplessità, se è vero come è vero che secondo quanto riportato da molti giornali di suddetti casi avversi, hanno iniziato a esserci forme di ripensamento da parte di italiani che si erano prenotati per il vaccino e che hanno disdetto la loro prenotazione.

Ebbene, per un altro verso poi, gli stessi pretoriani del nuovo ordine mentale terapeuticamente corretto, continuano a demonizzare senza posa il vaccino Sputnik russo: vaccino che ha il grave, gravissimo, imperdonabile difetto di essere russo, e dunque non organico al blocco atlantista.
Questa di cui stiamo parlando si chiama scienza, o non è forse la vecchia ideologia?
Si tratta di medicina o non è piuttosto la politica che si nasconde sotto la vernice di un discorso prima facie medico-scientifico?

La Russia, bisogna ammetterlo, ha avuto se non altro il merito di chiamare “Sputnik” il proprio vaccino, ben adombrando senza giri di parole che ci troviamo nel bel mezzo di una vera e propria Guerra Fredda vaccinale, o, se preferite, di una inedita geopolitica dei vaccini, che peraltro richiama la corsa allo spazio. Il caso dello Sputnik russo è emblematico sotto tale riguardo.
Ma si pensi anche a come la Cina ha giocato la sua partita cercando in ogni guisa di arrivare per prima al vaccino, e con ciò dimostrando la propria superiorità rispetto alla monarchia del dollaro.
Possiamo dirlo senza tema di smentita: ci troviamo nel bel mezzo di una Guerra Fredda che vede peraltro più protagonisti. Non solo due, come ai tempi della vecchia Guerra Fredda tra Unione Sovietica e monarchia dell’hamburger.

Abbiamo la Cina, la Russia, gli Stati Uniti e un’Europa che rivela ogni giorno di più di essere senza dubbio una colonia priva di anima della monarchia dell’hamburger: prova ne è il fatto che per l’Unione Europea sono ottimali sempre e solo i vaccini del blocco euro-atlantista, quali che siano, mentre invece tutti i vaccini che non rientrino in quel blocco sono ipso facto pericolosi, dannosi, insicuri. Si chiamino Sputnik o in altro modo.
Siamo nel bel mezzo di una Quarta Guerra Mondiale, come diceva Costanzo Preve, che è anche una guerra Fredda e che ha una sua specifica geopolitica vaccinale.

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