Immaginate di essere un medico e di mostrare, talvolta, squilibri comportamentali tali da mettere in pericolo i pazienti. Probabilmente, prima o poi, la vostra carriera ne risentirebbe in seguito a diverse ammonizioni e, magari, sanzioni disciplinari. Se lo facesse un giornalista coi suoi articoli accadrebbe lo stesso, come lo stesso esito si avrebbe qualora qualunque persona appartenente a una categoria professionale, dimostrasse atteggiamenti devianti rispetto alla propria professione.
Un esempio per sintetizzare ciò che – per grandi linee – è accaduto al Csm. Una condanna disciplinare e una penale hanno macchiato la fedina di Giulio Cesare Cipolletta del Tribunale di Pisa, che come riporta “La Repubblica”, durante una controversia stradale avrebbe mandato all’ospedale una signora, sbattendole lo sportello sul ginocchio. Danno riparato, alla fine, mettendo mano al portafoglio: €3000 risarciti, reputazione salvata. O forse no?
Il giudice non era nuovo ad atteggiamenti del genere, ma questo non ha affatto compromesso la sua vita professionale, che anzi, non ha accennato a migliorare.
Cipolletta ha infatti recentemente superato la quinta valutazione di professionalità, nel percorso che si archivierà alla settima: 13 pareri favorevoli contro 6 hanno diviso il Consiglio, con la motivazione che, nonostante gli atteggiamenti quantomeno discutibili e condannati – una collega si è ritrovata più volte le gomme dell’auto a terra dopo diverbi con l’interessato – “è comunque un buon giudice“.
Prosegue quindi senza problemi la carriera di una toga che fa quantomeno discutere, in quanto professione che costituisce attivamente la linfa della democrazia e della civiltà. Vi chiederete perché.
“Il dottor Cipolletta si pone fra i colleghi più produttivi della sezione e con riferimento alla diligenza afferma che ha sempre rispettato i termini di deposito dei provvedimenti“, sostiene il consiglio giudiziario.
Esterrefatto, Fabio Duranti ha commentato la decisione a “Un Giorno Speciale”.