Ieri alle 20:45 è iniziata la terza giornata di ritorno del campionato di Serie A, con l’anticipo Bologna-Benevento; una partita considerata da qualche giornalista o commentatore sportivo, come  ‘minore’, in riferimento alle squadre più blasonate d’Italia. Ma io penso che tutte le squadre e i loro tifosi debbano essere rispettati, finanche se le loro condizioni economiche, e quindi tecniche, non siano quelle delle tre, quattro, cinque squadre più ricche.  

Il Bologna e il Benevento stanno cercando di raggiungere con un certo anticipo un posto in classifica che li porti a essere sicuri matematicamente di non retrocedere, per evitare l’ansia snervante, svitalizzante, delle ultime giornate. 

L’inizio della partita è piuttosto drammatico per la squadra dell’allenatore Inzaghi. Il Benevento prende un gol a freddo da parte di Sansone, che si erge a giudice (non biblico) a eroe dalla forza prodigiosa (racchiusa in 172 cm) concessa direttamente dal Dio del calcio, e con questa sua impresa ultraveloce e solitaria, gela La Strega Addormentata. 

Il gol di Nicola Sansone è di quelli che possono tagliare gambe, respiro, pensiero e ‘garra’ a qualunque squadra di esperienza. Ma il Benevento non è disposto a diventare ‘sacrificio pagano’ nella città di Giorgio Morandi e Lucio Dalla. La pittura e la musica sannita nulla hanno da invidiare a quelle emiliane. Sono anche esse apprezzate in tutto il mondo. E questo grazie anche a un direttore d’orchestra (il maestro Filippo Pippo Inzaghi) che sa leggere lo spartito del campo, a un direttore sportivo [(Pasquale Ciccio Foggia cittadino onorario della meravigliosa città di Reggio Calabria (non capita a molti)] che sa colorare il verde del terreno di gioco (ieri diventato bianco) non solo con i colori accesi e complementari delle magliette giallorosse, ma anche con quello rosso di cadmio del sangue-fuoco dei suoi guerrieri; e infine con la guida saggia e paterna di don Oreste Miracolo Vigorito.

La partita è stata appassionante. Si è visto subito che le gambe (e altro) giravano bene al capitano Nicolàs Viola, rientrato appena tre partite fa, dopo un anno di calvario indescrivibile, che lui è riuscito a superare con la forte personalità, discrezione, e umiltà, che lo costituiscono. Quando Nicolàs Nicuccio Viola è in giornata, l’occhio di chi ama un certo tipo di calcio elegante ed imprevedibile, gode; come se si trattasse di un poliorgasmo-pitagorico, per ricordare le origini dei neuroni geometrici, filosofici, psicanalitici e matematici del giocatore reggino, figlio della Magna Grecia.  

La partita è stata combattuta, mentre il vento irrigidiva i corpi e la neve imbiancava il campo, cancellando le linee e il senso d’equilibrio di alcuni calciatori che ‘se cagaban de frio’ come direbbero i commentatori di lingua ispana.

Nel Bologna si sono messi in luce l’argentino Dominguez, Barrow (difficile da controllare col suo fisico apparentemente dinoccolato) il solito Soriano, e ‘trenza’ Palacio, che quando è entrato all’81’, ha fatto tremare i tifosi della Strega.        

Nel Benevento, Montipo’: era distratto sul primo gol ma poi ha fatto buone parate. Depaoli: non sicuro come nelle partite precedenti, ma è sempre un ottimo calciatore; ha rischiato un autogol. Tuia: deve lavorare sul potenziamento fisico che lo porterà a essere qualche frazione di secondo più veloce, e ciò gli darà la possibilità di anticipare in modo vittorioso, i propri avversari. Glik ha fatto una partita di ottimo livello; ci ha messo il cuore e l’anima. A un certo punto è diventato in volto più rosso del rosso della sua maglietta, a causa dello sforzo; in difesa è una sicurezza. Barba meno in forma del solito; ma forse la botta lo ha limitato. Hetemaj: come sempre, generoso guerriero dal cuore altruista. Schiattarella ha fatto una ottima partita. Dà quel pizzico di sfacciataggine arrogante di cui c’è bisogno in ogni squadra che voglia ben figurare; conosce la geometria e il rapporto giocatore-tempo. Viola: in crescendo (come il Bolero di Ravel); ha scambiato più palle a centrocampo con Schiattarella, dimostrando che i bravi calciatori, non solo ‘possono’ coesistere ma ‘devono’ coesistere, se si vuole giocare bene. Il calcio è un gioco collettivo e ci vuole chi riesca ad armonizzare tutta la rosa. La rosa è simbolo di perfezione. Ma anche di fragilità. Perciò ci vuole chi sappia mediare fra individuo e gruppo

Se pensiamo che Nicolàs Viola è in campo da solo tre partite dopo un anno senza giocare, potremmo gridare quasi al miracolo. Finora ha giocato solo due partite intere e un’altra mezz’ora circa. Ieri, se avesse avuto più minuti nelle gambe, certamente avrebbe potuto fare altri gol; soprattutto quando si è involato verso la porta avversaria e poi ha tirato a fior di palo e in un’altra occasione in cui è arrivato col corpo appena un po’ indietro e ha calciato da fuori area, ma una cinquantina di centimetri sopra la traversa.
Sull’azione del gol, invito chi ama il calcio, a osservare come prepara quello che poi sarà il suo bel colpo di tacco; non casuale, cercato, e indirizzato ‘proprio lì’ dove nessuno poteva prendere il pallone. E’ stato meritatamente l’uomo partita Sky. Mi piacerebbe monitorare quanti chilometri fa ad ogni partita.
Iago Falque: poco alla volta riprenderà il suo miglior stato fisico e diventerà molto importante per la squadra, soddisfacendo se stesso. Lapadula: come sempre tignoso. A volte troppo ‘egoista’ (tutti i centravanti lo sono) ma spina nel fianco di ogni difesa. Caprari: ottimo; peccato il suo tiro che ha scheggiato il palo. Il mio consiglio personale è quello di sorridere di più e tutto in maniera naturale diventerà luce. I giocatori subentrati Foulon, Sau, Insigne, Dabò, non me la sento di valutarli, perché il tempo da loro giocato è stato poco.
Un bravo come sempre a Nando Orsi, commentatore esperto, competente e professionista di alto livello. Il Benevento, egregi figli innamorati di mamma Strega (non toccatevi nulla), ce la farà a restare in A!  

Mimmo Politanò