Chiamare il proprio medico per fare un tampone e scoprire improvvisamente di essere deceduto. Uno scenario al limite del surreale, quasi da sogno – o meglio, da incubo – che in qualche caso può inaspettatamente diventare realtà. E’ successo a Giovanni, testimone anonimo dell’episodio che ha riferito quanto accaduto in diretta. Lui e la sua compagna sono stati affetti da Covid, malattia che impone tra le pratiche da sbrigare (oltre quella di guarire) quella di mettersi in quarantena anche dalla propria occupazione. Alla richiesta di più giorni di permesso della moglie, è arrivata la diagnosi che mai nessuno si aspetterebbe: “Lei è deceduta: qui mi risulta così“.
Il racconto ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich.

Innanzitutto io e la mia compagna siamo venuti fuori dal Covid e vorrei rassicurare avendo il massimo rispetto per tutte le persone che sono decedute che noi lo abbiamo passato con un piede solo, nel senso che a 37,5°C noi maschietti abbiamo la caratteristica di soffrire molto le influenze (in passato le mie influenze erano dilanianti) e questa a 38°C per me è stata una passeggiata di salute.

La storia

La mia compagna va a fare il tampone, contatta il suo medico perché in quanto occupata ha bisogno di chiedere i giorni di permesso ulteriore per la malattia, ma il medico non la trova più sulla sua banca dati. “C’è tuo padre, c’è tuo fratello, c’è tuo nipote ma tu non risulti più presente”, le dice. Dopo 20 minuti la richiama e con una certa dose di allegria e col sorriso, il medico le comunica che lei è deceduta. Lei lo ha poi detto a me e ci siamo fatti una risata.

Mi chiedo però allora se può essere plausibile il concetto per cui una persona nottetempo prende qualcuno che risulta nella banca dati del servizio sanitario come malato Covid e non lo faccia morire per qualche ora per poi farlo tornare in vita con un semplice clic. Questa persona non se ne accorgerebbe mai. Sostanzialmente mi terrorizza l’idea che possa esserci un percorso per cui si tengono alti i dati dei morti che morti non sono, per poi giustificare tutte queste chiusure“.

Michetti: “Vedono il Covid ovunque”

Mia madre, 86 anni, aveva perso il senso del gusto e aveva febbre e tosse. Aveva tutti i sintomi del Covid. Abbiamo pensato quindi di ricoverarla: era il periodo febbraio-marzo e a Roma i casi erano ancora pochissimi. Quando è poi stata portata dai sanitari in ospedale – erano le 10 di sera – ci hanno detto che ci avrebbero comunicato immediatamente presso quale nosocomio è stata ricoverata. Io attendo delle ore, fino al giorno dopo poi mi preoccupo.

Comincio a chiamare tutti gli ospedali romani: mia madre era scomparsa. Non era più in nessun ospedale romano o del Lazio. A quel punto debbo denunciare la scomparsa, per cui chiamo carabinieri, polizia ecc… appena promuovo la denuncia di scomparsa, improvvisamente riappare. Era al Gemelli, curata benissimo.

Appena entrata, subito hanno detto che aveva il Covid nonostante tre tamponi negativi incluso il sierologico e nonostante fossimo stati attentissimi perché è sempre stata chiusa in casa.
Per i sanitari però non può non avere il Covid, “è un Covid radiologico”. Massimo rispetto per i sanitari, che l’hanno curata benissimo e sono stati anche molto umani, ma alla fine hanno dovuto dire che non aveva il Covid: era una polmonite bilaterale. Il clima di isterismo collettivo che si è creato non ti rende lucido: questi sanitari sono terrorizzati dal Covid: vedono Covid ovunque
“.