Dopo mesi di lockdown e sacrifici l’Italia si trova ad affrontare la seconda ondata del coronavirus. Rispetto a marzo però il paese sembra non essere nelle condizioni di sopportare una nuova chiusura totale, il PIL è in caduta libera e si è perso il conto delle attività in ginocchio.

Oggi quindi è i tempo delle domande. Se nella prima fase i cittadini avevano accettato le misure imposte per fronteggiare il virus senza opporsi, oggi ci si chiede perché quei sacrifici non abbiano avuto l’effetto sperato. Il primo lockdown era stato proposto come l’unica vera soluzione per battere il Covid, ma oggi sembra che tutto sia tornato indietro di otto mesi. Quali errori sono stati commessi? Le misure adottata erano quelle giuste? Perché le istituzioni non hanno fatto trovare l’Italia preparata a questa nuova emergenza?

Di questo abbiamo parlato con il Prof. Di Perri, virologo e primario dell’ospedale “Amedeo di Savoia” di Torino, a ‘Lavori in Corso.

“Il 91% delle persone con infezione attiva sono fuori dall’ospedale, un dato che non avevamo all’inizio. Perché questo numero così alto di decessi in Italia rispetto ad altri paesi? Abbiamo una popolazione molto più vecchia rispetto, ad esempio, a cinesi e americani. Il criterio di attribuzione del decesso al Covid è stato anche un po’ diverso da pese a paese. È difficile fare confronti perché il modo di contare è diverso. Però è vero che la mortalità è molto alta, un dato che non ci fa piacere. Contiamo un numero di decessi non molto diverso dai peggiori momenti della prima ondata.

Rispetto al primo lockdown è molto diverso, siamo più aperti. È simile a quello fatto in Francia e Spagna e che non è stato molto efficace. In questa seconda fase nessuno può dirci in che misura queste procedure di protezione saranno efficaci. 

Confrontando i dati con il 24 di ottobre abbiamo un tempo di raddoppio che è passato da 6,8 giorni a più di 9 giorni oggi. Abbiamo già per il terzo giorno consecutivo meno dei casi attesi rispetto all’indie RT. Quindi vuol dire che un po’ sta rallentando. Però siamo in una situazione abbastanza simile a quella della Svezia, che si è distinta per non aver mai chiuso. Ha stimolato atteggiamenti protettivi in una popolazione più disciplinata di noi. Sono la popolazione della Lombardia in un territorio molto più vasto, quindi con una densità minore anche a livello urbano. Nonostante questo sta avendo la sua seconda ondata che è paurosa. L’unico paese ad aver avuto una sola ondata è stato la Cina. Credo che sia l’unico esempio di un paese che ha fatto sacrifici più grossi e coerenti e ha restituito se stesso ad una vita economica completamente aperta. Ci dobbiamo mettere nell’ordine di idee di riprodurre questo tipo di effetti oppure siamo condannati a questa instabilità della curva.

Non vorrei che l’Italia vada incontro a una periodizzazione della curva che andrà avanti fino a quando non arriverà il vaccino o un altro farmaco risolutore.

Le regole ora le detta il Covid, non Conte, non le Regioni. Abbiamo provato a fare gli sportivi in questa seconda ondata, non funziona, è un massacro e vengono trascurate altre patologie. Per non trovarsi ad una terza ondata dobbiamo avere un comportamento militare”.


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