Si parla già da mesi di una probabile risalita dei contagi nel prossimo autunno, casus belli per il quale lo stato di emergenza è stato prolungato fino al periodo “incriminato” in barba alla Costituzione.
Già, perché è proprio di quest’ultima che si deve parlare in un periodo nel quale di tutto si può parlare fuorché di emergenza sanitaria (sebbene sia reale un rischio, su cui non piove).

Ma il rischio del contagio, è esso stesso il contagio?
No, per la Carta Costituzionale, come spiega il Prof. Enrico Michetti per la rubrica ‘Usciamo per un attimo fuori dal pallone’.
Il direttore della Gazzetta Amministrativa ha spiegato perché il diritto non permette che si prenda a pretesto la possibile risalita dei contagi per avere poteri speciali in un così esteso periodo di tempo.
Ecco il suo intervento.

Molti pensano che l’emergenza sia legata ad aspetti sanitari. L’emergenza è invece un aspetto squisitamente tecnico.
Cosa significa? Se gli strumenti ordinari dello Stato sono in grado in quel momento di fronteggiare l’evento, è chiaro che non ci può essere emergenza.
Puoi dichiarare emergenza quando lo Stato è fuori controllo e gli strumenti dello Stato non sono in grado di risolvere la criticità.

Nel 1992, quando fu istituita la Protezione Civile vennero anche canonizzati i termini dell’emergenza: trenta giorni poi prorogabili per al massimo altri venti.
Capite che si tratta di un momento assolutamente temporaneo, provvisorio, per eventi calamitosi.
In questo caso gli ospedali e i presidi sono completamente liberi, la situazione è oggettivamente normalizzata: perché dare l’impressione che lo Stato sia fuori controllo?

Il provvedimento urgente ha durata di sessanta giorni, dopodiché deve essere convertito in legge ordinaria, per cui persino il Parlamento, persino il Governo possono mantenere poteri straordinari per massimo sessanta giorni. In seguito a questo termine o diventano ordinari, o è come se quei provvedimenti non ci fossero mai stati“.


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