Quelli come lui hanno sempre messo in crisi anche gli “odiatori” più acerrimi; anche quelli che ragionano anteponendo i colori sociali e le contrapposizioni campanilistiche al valore degli individui. Perché uno come Gigi Simoni, da questo punto di vista, ti metteva in crisi: un signore, nel senso meno scontato del termine. Un signore per il modo di porsi e per come depotenziava ogni tensione prima, dopo e durante le partite. 

Perché tutti quanti ci ricordiamo di quando perse le staff durante la famigerata Inter -Juventus del 1998, quella di Iuliano-Ronaldo per capirci? Perché, per l’appunto, fu la – giustificatissima – eccezione che confermava la regola di una carriera e di una vita. E perché, nel rivedere attentamente quei fotogrammi, ci si rende conto che anche nel momento in cui perde le staffe non riesce ad essere alterato al punto tale da tradire un atteggiamento scomposto. 

Si potrebbe obiettare che l’indole, in fondo, non è un merito: è un modo di essere. Vero. Però potremmo ribattere che se fosse dipeso soltanto dall’indole e dal modo di porsi, oggi non starebbero provando un dispiacere autentico i tifosi della Cremonese, della Lazio, del Genoa, dell’Inter, del Napoli e tutti gli altri; tutto quelli che qualche volta forse avranno avuto da ridire sull’operato del tecnico ma che mai avrebbero mancato di rispetto all’uomo Gigi Simoni. Forse perché lui, come gli veniva naturale, non aveva mai mancato di rispetto a nessuno. 

Paolo Marcacci