Esiste una corrente di pensiero, interna al macrocosmo romanista e tutt’altro che esigua, che considera l’impegno di stasera allo “Stadium” importante almeno quanto il derby di domenica prossima, ma forse un poco di più, a pensarci bene. Diciamolo sottovoce: anche chi scrive ne fa parte.

Snobismo? Voglia di distinguersi? Pretattica scaramantica in vista della stracittadina? Nulla di tutto ciò, che ci crediate o meno. Il fatto è che il quarto di finale della coppa nazionale ci sembra più naturalmente coniugabile con la parola “ambizione”: di vincere un trofeo, di tornare a festeggiare una conquista tangibile, di portare a casa un alloro, sul cui peso specifico si può discutere ma che negli ultimi anni ha visto il proprio prestigio tornare a crescere; tra l’altro, per la Roma avrebbe un alto valore simbolico e tornerebbe a essere, dopo una pausa annosa, la competizione storicamente più contrassegnata dai colori giallorossi.

Certamente, non poteva capitare in una settimana più complicata e distraente (per chi vuole distrarsi, beninteso): c’è la Lazio, domenica; ci sono gli uomini più o meno contati, dai quali Fonseca dovrà ricavare l’undici migliore possibile. Tra l’altro non si può più nemmeno parlare di emergenza straordinaria, perché siamo ormai nel campo dell’ordinario, quanto a infortuni e defezioni varie.

Ma esiste una possibilità, pur in una serata dal pronostico severo, se non proibitivo, di approdare a quella fase della competizione in cui poi davvero ci si troverebbe a potersi giocare il tutto per tutto e la Roma, in questo tipo di partite, è complicata da affrontare per chiunque. Le parole di Sarri ieri in conferenza non erano le solite frasi fatte della vigilia, a questo proposito.

Massimo rispetto per il derby e per i contenuti che si porta appresso, a cominciare da una classifica resa ancora più appetitosa dall’exploit della Spal a Bergamo; però quanto a svolte stagionali la vita è adesso, come cantava e canta un grande romanista. Bisogna, bisognerebbe se preferite, tentare il tutto per tutto stasera a Torino, perché oltre ai discorsi inerenti il bilancio e il giovamento che le casse societarie avrebbero da un ingresso in Champions League, esiste una bacheca, quella reale e non quella dei commercialisti, che da troppo tempo non viene spolverata per accogliere qualche nuovo arrivo al quale far posto.

Anche perché, vi sembrerà impietoso ma è così, ancora non hanno inventato la mensola adatta dove appoggiare una semifinale di Champions, ossia il massimo risultato sportivo, oltre che l’evento più memorabile, raggiunto dalla società di James Pallotta in questi anni.

Si può fare, insomma, stasera: l’importante sarà considerare questa partita come il vero appuntamento clou della settimana, non come un fastidioso intermezzo prima del pomeriggio da trascorrere contro la Lazio. Altrimenti si mancherebbe di rispetto alla propria storia e alle proprie, sacrosante, ambizioni, oltre a evidenziare che quel famoso salto di qualità a livello di mentalità non è ancora stato compiuto.

A quella fascinosa signora che ancora oggi è la Coppa Italia, non si può rivolgere un saluto distratto: bisogna perlomeno dedicarle un baciamano.

Paolo Marcacci