I pannolini da cambiare, il primo ‘mamma’ che viene sussurrato e, quando il piccolo comincia a diventare grande, le corse per vestirlo e portarlo in tempo a scuola. Per la maggior parte delle donne, diventare mamme è un mestiere bellissimo ma a tempo pieno, una di quelle gioie che riempie la tua vita, di coppia e non solo.

Ma se una donna, alla fine del periodo di maternità, decide di tornare a lavoro o di dedicarsi anche alla carriera, è possibile superare quel senso di colpa che l’attanaglia quando trascorre parte della giornata lontano dal o dai proprio/i figlio/i? E quante sono le mamme lavoratrici in Italia?

Stando agli dati Istat, gli ultimi risalenti al 2016, le madri occupate con almeno un figlio minore sono circa il 54,7%. Di queste, il 53,3% risulta in coppia, mentre le madri single sono il 71,2%.

Da una relazione dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, invece, si evince che, sempre nel 2016, 29.879 donne si sono licenziate dopo la gravidanza. Tra queste, solo 5.261 sono passate ad altra azienda dopo la maternità, mentre tutte le altre (24.618) hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il bambino (costi elevati e mancanza di nidi) o alla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Un dato rilevante, se pensiamo al tasso di natalità relativo al 2016. Secondo i dati dell’Istat, sono stati messi al mondo circa 473.438 bambini.

Quali sono allora, in quest’ottica, le agevolazioni che lo Stato italiano mette a disposizione per le donne che mettono al mondo un figlio e per le mamme lavoratrici?

Tra queste fa capolino il bonus bebè, noto anche come assegno di natalità. Inserito nella legge di bilancio 2019, la misura ha come obiettivo quello di fornire un aiuto, dal punto di vista economico, alla famiglia, e consiste in un assegno mensile, rilasciato
dall’Inps, per dodici mesi per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo. Tale agevolazione è riservata a famiglie a basso reddito e, da quest’anno, l’assegno, che oscilla tra gli 80 e 160 euro per ogni neonato, ha un aumento del 20 per cento, a partire dal secondo figlio.

C’è anche il bonus nido, che consente ai genitori, previa domanda all’Inps, di beneficiare di un assegno fino a 1.500 euro di importo. Si può richiedere inoltre, non solo l’iscrizione a strutture pubbliche o private, ma anche un’assistenza domiciliare di bambini affetti da gravi patologie.

Confermato nella legge di Bilancio anche il cosiddetto bonus mamma domani di 800 euro, che viene corrisposto sempre dall’Inps per la nascita o l’adozione di un minore, a partire dal 1° gennaio 2017, su domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza.

Non è stato prorogato, invece, il bonus baby sitter, che prevedeva un incentivo per le neo mamme fino a 600 euro mensili per un massimo di sei mesi per pagare la baby sitter attraverso il libretto famiglia o la retta dell’asilo nido, a fronte della rinuncia del congedo parentale.