Craxi e Pantani. Due personaggi diversissimi, due leader in campi diversi, due storie profondamente diverse, ma miseramente uguali

Entrambi italiani e soltanto italiani. 

Nessuno di loro in fondo era acclamato nel mondo. Certamente il pianeta non poteva, con malcelata sofferenza, non riconoscerne la qualità politica dell’uno e sportiva dell’altro. 

Entrambi nel loro genere sono stati unici, strabordanti, con mille difetti, lati oscuri e con infiniti nemici. Entrambi coinvolti, o volutamente travolti, in fatti che ne avrebbero screditato la reputazione, la dignità, l’onore, persino l’esistenza. Entrambi hanno spaccato il Paese dopo averlo unito. Entrambi hanno avuto negli Stati Uniti il loro peggiore avversario. Direi fatale avversario. Reagan la notte di Sigonella e Lanse Armstrong sulle alture francesi. 

Apparentemente diversissimi. 

1982 ROMA, IL SEGRETARIO DEL PSI BETTINO CRAXI DURANTE UNA MANIFESTAZIONE A PIAZZA NAVONA

Craxi mostrava una sicurezza quasi arrogante, potente, schiacciante e talvolta mortificante per gli avversari. Alcuni ne intravedevano atteggiamenti autoritari e dispotici, oltre ad una relazione tra affari e finanziamento illecito al partito. Ma non piegò il Paese a chi non lo riconosceva sovrano. E non si fece irretire dai mitra della dittatura cilena puntati addosso quando ancora giovane si recò in Cile a deporre i fiori sulla tomba di Allende.

Fece di tutto per salvare Moro, contro tutte le forze di potere, persino contro il partito del leader democristiano. Fu Presidente del Consiglio di una Italia con un debito pubblico che cresceva, ma che usciva dal terrorismo, che creava lavoro, occupazione, brevetti, tutta l’Argenteria di Stato di proprietà … ed una aria frizzante di speranza per il futuro. Un’Italia che tirava fuori la testa e che per la prima volta si imponeva a chi ne pretendeva una subordinazione internazionale politica ed economica. 

Ma intanto crescevano i nemici, dentro e fuori del Paese. 

Pantani aveva passione, ambizione … un talento inimitabile, voglia di vivere e di vincere. Un ragazzo semplice della riviera romagnola, quella che si vive quando non c’è turismo, tutto piedina, bicicletta e sacrificio. Pian piano scalo’ le vette del ciclismo. Non vinse tantissimo. Ma nessuno mai, che io ricordi, vinse come lui. Nessuno era capace di infondermi sensazioni cosi incredibili. Il ciclismo è uno sport dove la fatica diventa dolore, si segue l’atleta immedesimandosi in lui, salendo con lui e soffrendo con lui, una esaltazione folle, delirante, la miglior terapia contro ogni forma di depressione. 

Venne il giorno, per entrambi, in cui la stella si oscurò. 

Enzo Ferrari diceva che gli italiani perdonano tutto, tranne il successo. 

Quando giunge la bufera spesso è improvvisa, inaspettata ed è lì che prendono coraggio i nemici, gli avvoltoi, gli opportunisti … ed il popolo appare disorientato, più capace di offendere che di difendere, inconsapevole di cosa stia dilapidando, confuso dal sensazionalismo, attratto dalla novità e spesso fuorviato da chi approfitta del momento di debolezza per muovere macroscopici interessi o per guadagnare strada. 

Entrambi facevano esattamente quello per cui erano nati, che sapevano far meglio e di cui erano profondamente appassionati. Entrambi disturbarono interessi internazionali vestendo il tricolore. 

Oggi, da come poi si è evoluta la storia, ritengo che siano stati italiani fino in fondo. 

Craxi non avrebbe mai venduto il Paese, non avrebbe mai favorito la subordinazione della politica alla finanza, soprattutto non avrebbe mai consentito la svendita dell’Argenteria di Stato, e quando nel 97′ gli venne chiesto che cosa sarebbe stata l’Europa disse che se non si fossero presi degli accorgimenti (che la Troika italiana al potere di allora si guardò bene dal seguire) l’Europa sarebbe stata un limbo se fosse andata bene, un inferno se fosse andata male. In questo almeno nessuno può disconoscergli il ruolo di statista.

Pantani vinceva. Ma come vinceva! Nessuno poteva permettersi di vincere con quella forza, con quel coraggio, con quel fisico minuto, con quella verve (spigliatezza) tanto in salita quanto in discesa, nessuno poteva permettersi di creare quelle emozioni uniche e soprattutto farlo in Francia al Tour.

Il Tour de France non è soltanto una corsa ciclistica, è la Francia! Un italiano, re di Francia ! Impossibile da sopportare ! 

Craxi e Pantani non andavano soltanto censurati, ma delegittimati, screditati, disonorati, e quindi distrutti … rasi al suolo, ma prima ancora umiliati. 

Entrambi furono abbandonati quasi da tutti, il politico venne costretto all’esilio, l’altro drammaticamente confinato in se stesso. 

La loro dipartita doveva far largo a coloro che avrebbero favorito la primavera araba, il prelievo furtivo del 6 per 1000 dai conti correnti degli italiani, a quelli che avrebbero chiuso entrambi gli occhi dinanzi alla vendita a quattro lire dalla grande manifattura di stato, al polo delle comunicazioni (letteralmente sventrato), alla siderurgia, …, a quelli che spostarono la capitale del nostro paese nel cuore dell’Europa continentale, rendendoci servi di Francia e Germania. 

Pantani era un italiano semplice, ma nonostante sia stato tritato dalle procure e spolpato dai media, era artefice ed eroe di un ciclismo irripetibile che moriva con Lui.
E quando dopotutto, magari con dieci chili in più, con meno forza nelle gambe e con una convinzione fiaccata, provo’ a rialzare la testa in una tappa di montagna del Tour de France, nell’unico modo che sapeva fare ossia con una fuga, di quelle che lo avevano reso celebre ed unico nel panorama ciclistico mondiale, tutto il gruppo si mosse per andarlo a prendere pedalando come dei forsennati con cambi continui e Lance Armstrong in testa pronto a rendergli di persona il supplizio e a sbeffeggiarlo ed redarguirlo per il sol fatto che avesse osato. 

Immagine emblematica di dove fosse tornata l’Italia che da allora mai più oso’, ma soltanto subì.