Chissà se lo criticheranno ancora. Chissà se diranno ancora che la sua Juve, in fondo, non ha mai giocato bene. Chissà se continueranno a fare i nomi dei suoi possibili sostituti. Chissà se gli rinfacceranno quel suo modo a volte scanzonato di andare incontro alla storia, senza caricare di pressioni ulteriori i suoi giocatori. Di sicuro Massimiliano Allegri non si prenderà troppe rivincite, perché non ce n’è bisogno dopo aver visto la <sua> Juve, sì la sua Juve al pari della Juve di Ronaldo, prendere a pallonate l’Atletico Madrid, rispondere nei fatti ai gesti poco eleganti di Simeone dell’andata, vincere la classica partita perfetta.

E’ stata perfetta perché così l’hanno interpretata i giocatori – da Ronaldo a Bernardeschi, da Emre Can a Matuidi – ma è stata perfetta anche e soprattutto perché il pilota ha scelto la strategia migliore, indovinando tutte le mosse. La ricerca delle fasce, la voglia di aprire il campo e chiamare fuori gli esterni dell’Atletico, la libertà concessa a Bernardeschi, il doppio ruolo di Emre Can, difensore aggiunto e primo suggeritore nel rilancio, fino all’inserimento al momento opportuno di Dybala, quando bisognava dare prima l’accelerata e poi congelare la partita. Allegri insomma ha risposto sul campo. Anche se, a pensarci bene, non c’erano neppure bisogno di un’altra controprova della sua straordinaria bravura.

Alessandro Vocalelli