Le tasse in Italia come non ve le hanno mai raccontate. Uno studio rivela la vera cifra delle imposte che il fisco italiano esige a persone fisiche, piccoli e medi imprenditori: si chiama “La pressione fiscale reale in Italia” ed è una ricerca realizzata dai finanzialisti del corso della scuola Masterbank, guidata dall’economista Valerio Malvezzi.

A coordinare questo studio è stato il dottor Giancarlo Coppola, che insieme al Prof. Malvezzi è intervenuto in diretta, ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich, per presentarne i risultati. Dalla loro spiegazione si scopre che la pressione fiscale italiana è di gran lunga superiore a quella che viene raccontata. Si parla di numeri intorno al 63-65%, in base al reddito di ciascun imprenditore. Ma il dato sarebbe ancora più elevato se non fosse che nella ricerca, come ha rivelato il finanzialista Coppola, non è stato possibile inserire tutte le imposte che si pagano nel nostro Paese.

Ecco la presentazione a “Un giorno speciale”.

“La vera pressione fiscale va oltre il 65%”

“Io avrei da farvi vedere alcune slide perché abbiamo fatto uno studio sulla pressione fiscale: ‘La pressione fiscale reale in Italia’.

Intanto cominciamo col dire che la pressione fiscale italiana incide prevalentemente sul lavoro. Il costo del lavoro in Italia è il costo più importante.

In Italia noi siamo certamente quelli che hanno la pressione fiscale più alta. Per un dipendente sposato con due figli noi siamo al 39%, la Grecia al 37%, la Francia al 36%, la Germania al 34%. Quindi c’è una grande differenza.

L’altro dato importante è che noi abbiamo una pressione fiscale di quasi il 60%, ma guardiamo come si compone rispetto alla Germania che ha meno del 50, la Spagna che ha il 47, gli Stati Uniti che hanno il 38. Noi abbiamo il 60 perché abbiamo circa un 43% vero, reale, di imposte sul lavoro e di contributi sociali. Ecco perché parlavo di una guerra tra poveri. Perché i lavoratori dipendenti devono sapere queste informazioni.

E non è finita qui! Se consideriamo anche le imposte indirette, ossia quelle calcolate sui consumi, la pressione vera diventa oltre il 63%. Questi sono dati che non sa nessuno in Italia. E se invece la persona non fosse un commerciante con un reddito di 50 mila euro, come in questo caso, ma fosse un imprenditore con reddito superiore a 100 mila, a questo punto la pressione effettiva sarebbe superiore al 65%. Questo è quello che si paga nei lavoratori autonomi, nei piccoli imprenditori di pressione fiscale in Italia: il 65%”.

“È assurdo fare impresa in Italia”

“In questa ricerca ovviamente non abbiamo potuto mettere tutte le imposte che ci sono in Italia. Perché in Italia, pochi lo sanno, a parte le imposte principali ci sono circa altre 200 imposte che vengono pagate più o meno da imprenditori e persone fisiche: imposta di registro, imposta ipotecaria (che tra l’altro è una cosa che risale al Regno d’Italia).

Ma c’è un paradosso, un’assurdità: i piccoli imprenditori si possono trovare nella situazione di pagare delle imposte su un utile che non hanno realizzato. Perché in Italia, che è forse uno dei casi unici al mondo, ci sono quelle che vengono definite spese indeducibili.

Ci sono dei casi che stiamo studiando con il nostro centro di ricerca in cui ci sono delle imprese che sono in perdita e si trovano invece a pagare delle imposte che per l’Agenzia delle Entrate, per il Ministero dell’Economia e Finanze in realtà realizzano un utile. Perché ci sono queste cose indeducibili.

Quella pressione fiscale che noi abbiamo stimato al 65% probabilmente bisogna che alziamo l’asticella al 70-75%. E’ una situazione assurda, fare impresa in Italia è una situazione assurda”.