
La notizia rilanciata nei giorni scorsi da alcuni quotidiani, secondo cui la cosiddetta variante K dell’influenza sarebbe in grado di “spiazzare i vaccini”, ha riaperto un fronte che in Italia non si è mai davvero chiuso: quello del rapporto tra comunicazione sanitaria, percezione del rischio e fiducia nei confronti delle politiche vaccinali. Un tema affrontato ai microfoni di Un Giorno Speciale da Giorgio Bianchi, fotoreporter, e dall’avvocato Mauro Sandri, che hanno letto quell’allarme come il segnale di una frattura ormai evidente tra narrazione ufficiale e vissuto delle persone.
Lo storytelling della paura
Per Giorgio Bianchi, il punto non è tanto la variante in sé, quanto il modo in cui viene raccontata. “Oramai viviamo nell’era dello storytelling: già dare un nome a un virus significa inserirlo in una narrazione”, osserva, sottolineando come il linguaggio utilizzato finisca per costruire scenari emotivi più che informativi. Secondo Bianchi, l’idea di un vaccino “spiazzato” da una variante contribuisce a rafforzare un racconto drammatico che fa leva sulla paura, soprattutto in una società sempre più anziana e quindi più vulnerabile alla suggestione: “Un popolo che ha paura è un popolo facilmente indirizzabile”.
Epidemiologia e dissenso rimosso
Nel suo intervento, Bianchi richiama anche figure scientifiche marginalizzate durante la pandemia, come Martin Kulldorff, uno degli estensori della Great Barrington Declaration: “Parliamo di un epidemiologo di Harvard che propone misure alternative e viene cacciato. Il motto di Harvard è ‘Veritas’, almeno una volta lo era”. Una rimozione che, a suo giudizio, ha impoverito il dibattito pubblico e ha reso paradossale l’attuale scenario: “Se oggi si ammette che una variante può neutralizzare il vaccino, allora viene spontaneo chiedersi a cosa serva davvero”.
Il crollo della fiducia vaccinale
Mauro Sandri legge questi articoli come il tentativo di ricostruire una credibilità ormai compromessa. “Questi pezzi escono perché le persone si sono svegliate”, afferma, evidenziando come i dati sulle vaccinazioni, anche antinfluenzali, mostrino un calo netto rispetto al periodo pre-Covid. “Siamo intorno al 10–15%: è una disfatta della politica vaccinale così come è stata impostata”. Secondo Sandri, la vera vittoria di questi anni non è stata giudiziaria ma comunicativa: “Nelle persone è stata rimossa quella adesione automatica che sembrava indistruttibile”.
Una narrativa che tenta di riposizionarsi
Nel ragionamento dell’avvocato, l’allarme sulla variante K va quindi inserito in un contesto più ampio: “È il tentativo di rinfocolare una narrativa che nella società civile è stata pesantemente rimossa, dopo troppi abusi e troppe forzature”. Anche le dichiarazioni dell’OMS vengono lette in questa chiave: “Quando si arriva ad ammettere che certi vaccini non funzionano, si apre inevitabilmente una riflessione più profonda sulla medicina occidentale e sui suoi limiti”. Una riflessione che, per Sandri, non può più essere elusa e che segna la fine di una stagione comunicativa fondata sull’emergenza permanente.









