Chi ha fatto scoppiare il Caso Garofani? Boni Castellane ricostruisce la catena in diretta

Il cosiddetto caso Garofani è esploso con forza nel dibattito politico italiano, coinvolgendo uno dei più stretti collaboratori del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Francesco Saverio Garofani, consigliere strategico del Quirinale, è da anni figura di fiducia del Capo dello Stato: non solo il più importante tra i suoi consulenti, ma anche il primo – in quel ruolo – a non provenire dalle Forze Armate.
Ne abbiamo parlato con Boni Castellane in diretta.

Le dichiarazioni che hanno acceso la polemica

A portare il caso alla ribalta è stato La Verità, che ha pubblicato alcune dichiarazioni attribuite a Garofani e pronunciate in un contesto pubblico, dopo una riunione considerata particolarmente rilevante con i vertici dello Stato. La natura informale dell’occasione non ha comunque attenuato l’impatto politico delle sue parole, ritenute da molti inopportune proprio in virtù del suo ruolo istituzionale.

Secondo la ricostruzione, Garofani avrebbe espresso giudizi molto critici sulle prospettive del ‘campo largo’ e, più in generale, della sinistra. A suo avviso, il centrosinistra non avrebbe reali possibilità di competere con Giorgia Meloni alle elezioni del 2027 se non attraverso la nascita di un nuovo partito centrista.

Anche in questo scenario, tuttavia, Garofani avrebbe affermato che il tempo non basterebbe a riequilibrare i rapporti di forza. Per un reale indebolimento della maggioranza attuale, sarebbero necessari ‘infortuni’ politici per la Presidente del Consiglio: un’indagine giudiziaria, una crisi finanziaria o un richiamo da Bruxelles. Ipotesi fantapolitiche e inappropriate.

Le reazioni e il nodo istituzionale

La pubblicazione di queste frasi ha generato un’immediata ondata di reazioni. Il direttore Maurizio Belpietro ha sottolineato la gravità di parole pronunciate dal consigliere strategico del Presidente della Repubblica, mentre altri commentatori hanno denunciato tentativi di minimizzare la vicenda con smentite affrettate o difese d’ufficio. Garofani, dal canto suo, non ha potuto negare l’accaduto. Ci saranno degli audio? Può darsi.

Al centro del dibattito c’è la natura del ruolo ricoperto da Garofani. Nessuno ha attribuito le sue frasi a Mattarella, né messo in discussione l’imparzialità del Presidente della Repubblica. Tuttavia, è logico che un consigliere così vicino al Capo dello Stato non può permettersi dichiarazioni politicamente divisive, neppure in un contesto informale. Per questo motivo, per molti è perfettamente legittimo chiedere le sue dimissioni.

A complicare la situazione, Garofani ha dichiarato di essere stato ‘rincuorato’ dal Presidente. Un’affermazione definita un errore grave: anche qualora fosse vera, non spetterebbe a lui divulgarla, perché rischia di trascinare il Quirinale in una polemica da cui dovrebbe restare nettamente separato.

Una vicenda sfuggita di mano

Il caso Garofani, nato da frasi pronunciate con leggerezza in un contesto conviviale, si è trasformato in un incidente politico di portata ben più ampia complicato da reazioni precipitose e interpretazioni contrapposte. Una vicenda che, al di là degli schieramenti, pone interrogativi sul rapporto tra istituzioni, comunicazione e responsabilità personale di chi ricopre ruoli di massimo rilievo.