Sono uscite in questi giorni notizie orribili. Quelle dei gruppi Facebook dove certi uomini, o meglio poveri scemi, si scambiavano foto non consensuali di mogli, amiche, colleghe, in maniera lurida e codarda.
Una roba da “asilo Mariuccia”, come dico spesso. Gente che fa a gara a chi ce l’ha più lungo o a chi ha il secchiello più grande, come i bambini al mare. Robetta da quattro idioti. Ora, va bene tutto, ma di cosa stiamo parlando esattamente?
Qualche centinaio di persone attive, si dice. Gli iscritti? Circa 30.000. Ma anche lì, quanti sono davvero coinvolti? C’è chi si iscrive per guardare, chi per curiosità, chi passa e se ne va.
E allora io chiedo: possiamo davvero usare questa lurida storia per condannare tutti gli uomini?
“Dei poveri scemi mettono le foto delle mogli su Facebook, e gli uomini sono tutti da rifare? Ma anche no!”
Su La Stampa, pochi giorni fa è uscito un articolo con un titolo che trovo intollerabile: “Mia moglie”, perché quel gruppo Facebook ci insegna che gli uomini sono tutti da rifare.
Io non ci sto. Io non sono da rifare. Come me, milioni di uomini onesti, rispettosi, padri, mariti, figli. Non si può usare la stupidità di una minoranza per colpevolizzare un intero genere.
Vogliamo dare i numeri? Secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia, al 31 luglio 2025 ci sono 62.569 persone detenute in Italia. Che facciamo, allora? Siamo tutti criminali da rieducare? Apriamo i lager della rieducazione? Ma dove siamo finiti?
Questo modo di fare, accusare tutti per le colpe di pochi, è roba da regimi. È pensiero totalitario, non opinione giornalistica.
Uomini contro donne? È la guerra che non serve a nessuno
Quello che mi fa arrabbiare sul serio – e chi mi conosce lo sa – è che questi articoli creano solo odio. Non aiutano le donne. Non proteggono nessuno. Dividono, e basta.
Io non mi sono mai permesso di insultare le donne per colpa del comportamento di qualcuna. Perché qui sta il punto: “Qualcuno fa una porcheria, e tu ti alzi in piedi e dici che tutti vanno rieducati?”
E no. Non funziona così. Non voglio che entrino a casa mia, nel mio spazio, nella mia dignità, a dirmi come devo essere perché qualcun altro si è comportato da cretino. Non accetto etichette. Non accetto supercazzole ideologiche. Non accetto che si usi una notizia schifosa per gettare benzina sull’odio sociale e culturale tra uomini e donne.
Serve giustizia. Serve rispetto. Serve anche indignazione, certo. Ma non serve odio.
Ditemi la verità: chi ci guadagna da questa guerra tra sessi? Non le vittime, non i cittadini, non le persone perbene. Chi ci guadagna è chi ha bisogno di un nemico da combattere, ogni giorno. E oggi, quel nemico comodo è l’uomo in quanto tale. E allora no, signori miei: io non mi faccio rifare. E nemmeno milioni di italiani che vivono con rispetto, dignità e coscienza.










