L’Italia scenderà in campo il 14 ottobre a Udine per sfidare Israele nelle qualificazioni ai Mondiali del 2026, ma la partita è già al centro di un acceso dibattito politico e pubblico. Da un lato, chi vede nello sport un’occasione per abbassare i toni e unire i popoli. Dall’altro, chi – come Mauro Berruto, deputato del Partito Democratico ed ex CT della Nazionale di pallavolo – chiede un gesto forte, simbolico e concreto: “Quella partita non si dovrebbe proprio giocare”, ha dichiarato all’Adnkronos, posizione che ha ribadito in diretta anche ai microfoni di Lavori in Corso.

Berruto, Italia-Israele: “Esiste una doppia morale nello sport”

«Non dovrebbe essere l’Italia a decidere se giocare o no, ma FIFA, UEFA e CIO. Il punto, però, è che nessuno ha mai nemmeno sollevato il tema di escludere Israele dalle competizioni internazionali, come invece è avvenuto in passato per tanti altri Paesi. È una doppia morale inaccettabile».

Berruto fa riferimento a precedenti storici chiari: la Russia esclusa per l’aggressione all’Ucraina, il Sudafrica fuori per 24 anni a causa dell’apartheid, Germania e Giappone bandite dalle Olimpiadi nel 1948 etc.

“Lo sport è sempre stato politico. Anche oggi lo è”

«C’è chi dice che lo sport debba unire e non dividere. È una visione romantica, ma anche ingenua. Lo sport è sempre stato uno strumento politico, fin dall’antica Olimpia. Se è così, allora deve avere anche una funzione sanzionatoria. Ma deve valere per tutti».

L’ex CT azzurro ricorda come lo sport, nella sua storia, abbia spesso espresso la propria posizione attraverso gesti simbolici potenti, come i pugni guantati di nero alle Olimpiadi di Città del Messico, il kneeling di Colin Kaepernick o le magliette rosse indossate da Panatta e compagni nella Coppa Davis contro il Cile di Pinochet.

“Israele? Atleti schierati apertamente con Netanyahu”

Una delle questioni sollevate da Berruto riguarda il coinvolgimento diretto del mondo sportivo israeliano nel contesto politico e militare:
«Molti atleti israeliani sono riservisti, altri hanno espresso apertamente sostegno alle politiche di Netanyahu. Questo li rende parte attiva. Non possiamo far finta di niente».

E poi aggiunge: «Nel frattempo, lo sport palestinese è stato sistematicamente disintegrato: oltre 600 atleti uccisi, impianti distrutti. Non è un danno collaterale, è un messaggio politico: cancellare un’identità attraverso lo sport».

Italia-Israele, Berruto: “Serve una presa di posizione, anche solo simbolica”

Consapevole che un boicottaggio dell’Italia significherebbe l’esclusione dai Mondiali, Berruto insiste sull’urgenza di un segnale:
«Non dico di non far scendere in campo la Nazionale. Ma serve un atto chiaro, un gesto, una testimonianza. Anche solo non andare allo stadio a vederla, come forma di protesta».

Poi l’appello agli atleti:
«Mi auguro che qualcuno tra i protagonisti in campo abbia il coraggio di esprimersi. Negli Stati Uniti gli atleti sono spesso riconosciuti come leader civili e morali. In Europa, invece, si tende a dire: “pensa a giocare”. Ma ci sono eccezioni. Le nostre ragazze della Nazionale, ad esempio, hanno indossato una fascia “Peace” all’Europeo. Nessuno ne ha parlato. Nemmeno la Federazione».

“Lo sport italiano può e deve far sentire la sua voce”

Berruto, oggi responsabile Sport del Partito Democratico, conclude il suo intervento rilanciando il ruolo che anche le istituzioni sportive italiane possono avere:
«Abbiamo rappresentanti nei board internazionali. Possiamo almeno esercitare una moral suasion su FIFA, UEFA, CIO. Nessuno ha avuto dubbi a sanzionare altri Paesi, perché non Israele? Non si può continuare con questo silenzio assordante».

La sua proposta non è un attacco allo sport, ma al contrario, un modo per ridargli dignità e coerenza:
Se lo sport è fratellanza, pace e inclusione, allora non può essere cieco davanti al genocidio.