
Due fatti di cronaca recenti – l’indagine sul carabiniere che ha speronato Ramy Elgadi e l’omicidio per vendetta avvenuto a Rocca di Papa – riaccendono il dibattito su giustizia, sicurezza e tenuta sociale del nostro paese. Cresce la sensazione che chi dovrebbe garantire l’ordine pubblico non sia più tutelato, mentre chi infrange la legge venga percepito come protetto.
Carabiniere indagato per omicidio: un caso che divide
La Procura di Milano ha iscritto un carabiniere nel registro degli indagati per omicidio stradale, in seguito alla morte di Ramy Elgadi, travolto durante un inseguimento. Il giovane era su uno scooter, senza patente e casco, e fuggiva all’alt. Secondo gli inquirenti, l’auto dei militari avrebbe mantenuto una distanza troppo ravvicinata, provocando l’incidente.
“Se sei un carabiniere o un poliziotto e intervieni, anche quando hanno attaccato qualcuno con un coltello o con qualcos’altro, rischi di andare in galera”, ha osservato Frajese, sottolineando il paradosso di un sistema in cui “il cittadino normale o, peggio ancora, un membro delle forze dell’ordine non è protetto dalla magistratura”.
Rocca di Papa: vendetta e disperazione
A Rocca di Papa, un padre ha sparato e ucciso l’uomo condannato (ma libero dopo 5 anni di carcere) per aver causato la morte del figlio durante una lite nel 2020. L’uomo, Guglielmo Palozzi, ha agito in pieno giorno, dopo aver visto in giro il presunto assassino.
“Viviamo nel Far West”, ha commentato Contri, “la gente si fa giustizia da sola, talmente disperata di non essere assistita su questi fronti”.
Una deriva, secondo il professore di comunicazione sociale, che nasce da una frustrazione sociale crescente: “Nulla giustifica questo atto, ci mancherebbe altro, ma si può capire che un padre abbia maturato un desiderio di vendetta terrificante”.
Il corto circuito della giustizia
Secondo Frajese, il vero problema è sistemico: “Abbiamo un sistema giudiziario che tende a proteggere chi commette reati e a criminalizzare il cittadino comune”. Un ribaltamento che mina la fiducia nelle istituzioni e lascia le persone “più sole e più vulnerabili”.
“L’idea che chi serve lo Stato possa essere trattato come un criminale, mentre chi delinque venga lasciato libero, genera una pericolosa sfiducia”, ha aggiunto, parlando di un clima in cui “tutto sembra surreale, eppure è realtà”.
La frattura tra leggi e coscienza
Il dramma, secondo Frajese e Contri, non sta solo nei singoli episodi, ma nella frattura sempre più evidente tra legalità e giustizia percepita.
“Qui bisogna veramente ricostruire un tessuto sociale”, afferma Contri, “persone che si rispettano e che capiscano cos’è la responsabilità sociale”. E ha concluso: “Mi rendo conto che siano parole da libro Cuore, ma se non si fa così, andremo avanti con la pistola in tasca come nel Far West”.









