“Sono stato uno dei giocatori più divertenti? Ora che mi ritiro lo dite, stronzi…“: Basta questa frase, detta in occasione della sua conferenza stampa d’addio al tennis, per capire al meglio che atleta (e che persona) sia stato nel circuito Fabio Fognini.
Schietto, ‘fumantino‘, fuori dagli schemi sia dentro che fuori dal campo. Al campione nato ad Arma di Taggia nel 1987, deve essere rivolta tutta l’immensa gratitudine del tennis italiano per aver tirato la carretta in un periodo in cui, lo stato di salute del nostro movimento, non era lontanamente paragonabile a quello di oggi.
Se Jannik Sinner (a volte neanche in maniera così azzeccata) viene paragonato a un robot per quanto è costante e preciso, dall’altro lato non è sbagliato vedere Fabio Fognini un po’ come il ‘poeta maledetto‘ del nostro tennis.
Classe innata, un senso del gioco al limite del geniale; ma anche una testa forse troppo calda, che non gli ha mai permesso di raggiungere il livello e i traguardi che, un giocatore della sua qualità, avrebbe probabilmente meritato.
Il ligure è stato sia croce che delizia di sé stesso: fonte del suo successo, ma anche il suo maggiore avversario. Come dimenticare gli esilaranti alterchi con gli arbitri? Così come quelle partite in cui, in preda alla frustrazione per una giornata storta, cominciava a “sparacchiare” la palla con indifferenza e quasi rassegnazione? Non si può parlare di Fabio Fognini senza ricordare questo lato più “decadentista“, e che porta alla mente più di qualche rimpianto per quello che poteva essere, e non è stato.
Ma al tempo stesso, non riconoscere i grandi risultati di chi per anni è stato il simbolo per eccellenza del tennis italiano negli anni A.S. (Avanti Sinner), sarebbe estremamente riduttivo, superficiale e profondamente disonesto.
Fabio Fognini: L’apice a Monte-Carlo, il rimpianto della Coppa Davis e il dominio sulla terra rossa
Miglior italiano nel ranking ATP per 292 settimane consecutive (ben 5 stagioni), nel 2019 è entrato persino in Top 10, raggiungendo il 9° posto e la soddisfazione della convocazione in Laver Cup per il team Europe, insieme a Roger Federer.
Quello di Fabio Fognini è un palmarés di tutto rispetto, sia in singolare che in doppio. Individualmente, il tennista ligure è arrivato a disputare un totale di 19 finali nel circuito ATP (9 vinte, 10 perse). Il punto più alto è rappresentato evidentemente dal trionfo nel Masters di Monte-Carlo proprio nel 2019: l’unica finale giocata in un “1000” in tutta la sua carriera.
Il trofeo è figlio della vittoria in finale contro Dušan Lajović in 2 set (6-3; 6-4). Ma è in semifinale che Fognini compie la vera impresa, battendo nel “torneo di casa” la leggenda spagnola Rafael Nadal (campione a Monaco in ben 11 occasioni – record assoluto).
Anche in doppio non mancano le soddisfazioni: tra le 20 finali disputate, si annovera anche la grande soddisfazione del primo e unico Slam vinto dal ligure in coppia con Simone Bolelli: l’Australian Open del 2015, sul cemento di Melbourne. Sicuramente, l’altro apice di una carriera fantastica in cui, come detto dallo stesso Fognini, l’unico vero rimpianto rimane “L’Insalatiera“.
La Coppa Davis – Un sogno solo cullato
2014 – Giocando, a detta degli addetti ai lavori, il tennis migliore della sua carriera, Fabio Fognini riporta la nazionale italiana in semifinale di Coppa Davis dopo 16 anni dall’ultima volta (1998), trascinando la squadra nel durissimo scontro contro la compagine britannica.
Il traguardo si fa sempre più vivo, ma svanisce per un soffio nel turno successivo, nel quale gli Azzurri si trovano ad affrontare a Ginevra la Svizzera di Roger Federer e Stanislas Wawrinka. Gli elvetici partono ovviamente con i favori del pronostico, ma solo di misura (3-2) riescono a superare Fognini e compagni, che vedono così sfumare il sogno mondiale con più di qualche rimpianto.
Alla fine, gli svizzeri vinceranno il torneo, mentre l’Italia dovrà aspettare il 2023 per tornare a vincere in Davis dopo 37 anni dalla prima volta contro il Cile nel 1976.
Ma in quella squadra, purtroppo, Fabio Fognini, che solo un anno prima aveva sfiorato di nuovo il sogno di giocare almeno la finale (perdendo il doppio decisivo contro il Canada in coppia con Matteo Berrettini), non c’è. Suggellando quello che, in assoluto, resta il rammarico più grande di una una carriera fantastica e indimenticabile. Fra genio, sregolatezza e sì, qualche rimpianto. Ma forse, così è anche più bello. E Fabio Fognini, il ‘tennista maledetto‘, lo sa bene.











