I giovani ed il lavoro. La situazione occupazionale in Italia non è certo da lodare. Le statistiche raccolte e spiegate dal Prof. Valerio Malvezzi, e dal suo staff di collaboratori, lanciano un allarme davvero preoccupante. La decrescita costante delle assunzioni, nella fascia dai 18 ai 39 anni, è una macchia enorme nel sistema economico del nostro paese.

Un’altra nota dolente è quella relativa al NEET. Tale sigla prende in esame, in linea sostanziale, chi nello stivale non studia, non lavora e non cerca una chance professionale. L’Italia è il paese che vanta i numeri più elevati in questa graduatoria poco edificabile. Noi peggio di Grecia, Spagna e Francia. All’alba degli anni novanta i vertici degli organismi continentali avevano promesso mari e monti a tutto il Vecchio Continente.

A distanza di quasi 30 anni il sogno sembra essere definitivamente svanito. Il risveglio si è tramutato in un incubo caratterizzato da povertà diffusa e tante altre nefaste conseguenze. In tale contesto si scatena il fenomeno dei trasferimenti definitivi all’estero. In pochi optano per il ritorno in patria. In questo disastro in piena regola la classe politica di certo non è esente da colpe. Il ricorso alla discutibile strategia dell’immigrazione incondizionata non può portarci troppo lontano. Urgono competenze professionali specifiche per rivitalizzare le sorti economiche italiane.

L’intervento a Un Giorno Speciale del Prof. Malvezzi con i relativi grafici

La grande illusione del 1992

Quando ero un ragazzo e studiavo, nel 1992, mi prospettavano uno scenario ben preciso. Mi dicevano: ‘Noi abbiamo un tasso basso di occupazione giovanile ma, entrando in Europa, aumenterà l’occupazione di chi non ha la laurea, dei diplomati e dei laureati’. Ci hanno detto che competeremo con la Cina, con gli Stati Uniti e non solo. C’era tutto un racconto macroeconomico secondo cui ci sarebbero stati sbocchi lavorativi per tutti i livelli di scolarizzazione. Io, con l’ausilio dei miei giovani collaboratori, ho sviluppati tre concetti con l’obiettivo di verificare la veridicità di quella storia che ci hanno raccontato“.

Dal 2002 in poi il tasso di occupazione giovanile ha subito una drastica decrescita

Dal 1995 ad oggi le curve, a differenza di quello che ci veniva raccontato, salgono. In blu ci sono i diplomati, in rosso ci sono tutti gli altri, e in verde abbiamo i laureati. Noi intanto vediamo che chi ha più scolarizzazione ha più possibilità di trovare lavoro. Questo sfata anche l’opinione generale secondo cui studiare non serve a niente. La seconda cosa importante che notiamo è che c’è una spaccatura, in questo grafico, prima del 2002 e dopo il 2002. Vi ho fatto già vedere una spaccatura relativa ai risparmi e una relativa al PIL. Oggi vi faccio vedere una spaccatura parlando di tasso di occupazione. Prima del 2002 trovavamo una curva crescente per chi aveva la terza media, per chi aveva un diploma o per chi aveva una laurea. Dopo le tre curve, a partire proprio da quell’anno, diventano decrescenti con meno lavoro per tutti. La verità è che, nella fascia dei laureati, siamo passati dall’80% circa al 60% del tasso occupazionale“.

L’Italia peggio di Grecia, Spagna e Francia

Nel secondo grafico voglio spiegarvi il termine NEET. Potremmo sintetizzare questa sigla in un concetto molto semplice del tipo ‘le persone che non fanno niente’. Coloro cioè che non studiano, non sono occupate e non fanno neanche un tirocinio. C’è un paese che, più di tutti, ha il livello più alto di queste persone. Quel paese è l’Italia. Lo stivale ha il primato assoluto di NEET nel 2020, nelle persone tra i 15 e i 34 anni. Io sono contro il reddito di cittadinanza. Quindi se tu hai l’incentivo a stare a casa non farai nulla per andare a cercarti un lavoro. Questi soggetti sono a casa a mangiare grazie ai risparmi delle precedenti generazioni. Questa è una situazione folle. La politica non può sottovalutare il fatto che noi siamo peggio della Grecia, della Spagna, della Francia e di tutti gli altri paesi europei. Questo avviene perché il costo del lavoro, con le relative regole fiscali e burocratiche, è costruito in modo tale da non consentire l’ingresso dei giovani e anche dei meno giovani“.

Oggi i giovani vanno all’estero e non fanno più ritorno in patria

C’è un problema rilevante: aumentano gli espatri. Negli ultimi 10 anni abbiamo avuto 350 mila giovani sotto i 39 anni che sono espatriati. Ciò vuol dire che questi si sono cancellati dall’anagrafe. Nel terzo grafico in verde abbiamo quelli che sono rimpatriati. Nella parte inferiore della slide abbiamo il saldo tra le due voci. In sostanza noi sistematicamente, dal 2002 al 2020, abbiamo assistito al trasferimento di tanti giovani all’estero. Soprattutto dal 2002 i rimpatri, quindi i ritorni, sono molto bassi. Dunque con queste statistiche andiamo a sfatare un’altra leggenda in base alla quale dopo un’esperienza all’estero i ragazzi tornano alla base. Queste persone vanno all’estero e fanno famiglia all’estero. Se la politica del nostro paese si basa sull’importazione di immigrati che non hanno alcuna competenza, lasciando invece scappare giovani dal nostro paese, credo che tale modo di agire sia quantomeno miope“.