E’ diventata di interesse nazionale la vicenda della famiglia del bosco di Palmoli, in provincia di Chieti.
Il Tribunale per i minori dell’Aquila ha disposto la sospensione della potestà genitoriale ai genitori di 3 bambini in provincia di Chieti, in Abruzzo. La coppia, lui inglese e lei australiana, aveva scelto di vivere in Italia circondata dalla natura, adottando uno stile di vita non convenzionale. Niente elettricità, solo pannelli solari. Home-schooling per i figli, ovvero l’educazione domiciliare. Una vita a ritmi naturali e distante da quella frenetica di città. La famiglia è stata però separata dal tribunale dopo l’allarme dei servizi sociali, motivando la decisione in base al diritto alla socialità, alla sicurezza, all’obbligo scolastico e alle condizioni sanitarie. I figli sono stati dunque allontanati dal padre. Restano però con la madre.
In una nota, il Ministero dell’Istruzione spiega sull’obbligo scolastico che “al ministero risulta regolarmente espletato l’obbligo scolastico attraverso l’educazione domiciliare legittimata dalla Costituzione e dalle leggi vigenti e tramite l’appoggio ad una scuola autorizzata. La conferma è arrivata dal dirigente scolastico dell’istituto scolastico di riferimento per il tramite dell’ufficio scolastico regionale”. Lo psichiatra Paolo Crepet ha commentato la vicenda ai nostri microfoni.
L’analisi di Crepet
«Mi sembra che in tutta questa faccenda sia sfuggito un tema, quello della scuola.
Perché è del tutto evidente, per me, che qualcuno dica “non bevo l’acqua del rubinetto” perché chissà cosa contiene, e scelga di bere acqua piovana senza possibilmente intossicare nessuno. Sono opinioni, punti di vista, filosofie di vita.
Altra cosa però è la scuola.
Quello che è venuto fuori negli ultimi 200 anni è che quando non si andava a scuola eravamo una non-civiltà. Tutta la pedagogia esistente è fondata sul concetto della miglior scuola possibile, non della non-scuola. Questo è il concetto fondamentale su cui io vorrei interloquire con quei due signori a cui hanno sottratto i figli.
Sottrarre i figli a due genitori presenti è chiaro che è un trauma. Lo è a buon ragione? Forse il tribunale dice di sì, ma io vorrei continuare a pensare al di là delle questioni di legge: esiste la possibilità di fare la scuola in casa? Ma certo, nell’Ottocento facevamo così. Parini è stato un esempio straordinario, era una persona pagata da una famiglia molto abbiente per fare il tutore ai bambini.
Benissimo, ma non siamo più in quel secolo per fortuna.
Tuttavia un dubbio va sollevato: la nostra scuola, così com’è, soddisfa le nostre aspirazioni? O hanno fatto bene a dubitare della bontà della scuola?
In ogni caso, teniamo a mente che la scuola dura pur sempre 5 ore: nessuno metterebbe in discussione un certo modo di vivere perché quel bambino, tornando a casa, non trova la televisione, non trova internet né altre cose del genere, perché quello rientra nel vivere in un modo opinabile ma pur sempre in una filosofia di vita che, forse forse, è anche condivisibile.
Il tema è che se qualcuno scappa dalla città perché lì succedono cose terribili, non dobbiamo dare risposte solo al bambino che inizia a vivere cavalcando gli asinelli, ne dobbiamo darne anche a quello che in città ci deve rimanere perché il papà fa il commesso.
Ci siamo troppo attardati a farci questa domanda: a chi sta tra di noi, stiamo dando una buona scuola?»










