Oggi possiamo dire che esiste una dissonanza cognitiva totale su molti temi. Anche su questioni come quella di Gaza.

Pur esprimendo piena vicinanza al popolo di Gaza contro il genocidio che sta subendo, non crediamo che si possano cambiare le cose con uno sciopero. Pare anzi che con le violenze che hanno caratterizzato alcune manifestazioni – probabilmente degli infiltrati ad arte per delegittimare le proteste – si sia prodotto un effetto controproducente. Lo sciopero è uno strumento sacrosanto, fondamentale, che serve per le questioni legate al lavoro. E questo è il tema centrale.

Lo sciopero: diritto di lavoro e manipolazione delle cause

Oggi il tema del lavoro è il grande assente nel dibattito pubblico e, aggiungendo, anche presso i sindacati, che sempre più appaiono distanti dai lavoratori e dai temi del lavoro. Il grande filosofo Hans-Georg Gadamer diceva che “l’essere, che può essere compreso, è linguaggio”. Se manipoliamo il linguaggio, cambiamo anche il nostro rapporto con l’essere. È quello che il potere sta facendo ormai da tempo. Lo aveva messo a tema anche Orwell nel suo 1984, dove, nella sua forma distopica, la manipolazione del linguaggio era, infatti, centrale. E oggi siamo completamente immersi in questa dimensione, in cui le cose vengono rovesciate per giustificarle con le parole.

Si distrugge la scuola e la chiamano “buona scuola”; si fanno colpi di Stato finanziari e li chiamano “governi tecnici”; si fanno guerre e le chiamano “peacekeeping” in inglese; si lanciano bombe e lo chiamano “esportazione di democrazia”.

Si è invertito il rapporto tra parole e cose, e le parole ormai giustificano le cose, rovesciandone il significato. Questo processo sta avvenendo in ogni ambito, anche nel caso degli scioperi, che purtroppo sono sempre meno legati al tema del lavoro e sempre più legati ad altre questioni. Non diciamo certo che queste questioni siano giuste o sbagliate, intendiamoci, ma lo sciopero dei lavoratori ha una funzione chiaramente diversa, strettamente legata al mondo del lavoro.

Il dibattito pubblico: dalla frammentazione alla narrazione coerente

Supporto a Gaza? Fare minuti di silenzio o preghiere sono gesti belli, ma che purtroppo incidono poco. Molto più sensato è quanto hanno fatto i portuali di Genova, che hanno bloccato la partenza delle armi via nave per Israele. Queste sono operazioni decisamente più operative e pragmatiche, che hanno un impatto reale.

Il dibattito pubblico è sempre il benvenuto, anzi, a maggior ragione con chi ha idee diverse e chi muove critiche. Tuttavia, crediamo sia necessario seguire una via regia: adoperare la propria testa. Molti parlano semplicemente per sentito dire, tramite quel discorso frammentato, sincopato che è il mondo dell’informazione oggi imperante, che ha perso di vista la narrazione. Oggi non c’è più una narrazione completa, storicizzata, ma piuttosto frammenti avulsi dal contesto, che servono solo a legittimare i rapporti di forza esistenti.

Cerchiamo di produrre un discorso compiuto, che potrà essere sbagliato, ma almeno sarà un discorso che ha un inizio, una fine e un percorso logico che terrà conto anche della storia. È questa la sfida: riprendere un discorso coerente e consapevole che contrasti l’informazione frammentata che domina oggi il dibattito pubblico.