Milioni di euro pubblici spesi per dispositivi di protezione inidonei o pericolosi, controlli abbattuti nonostante gli allarmi internazionali, e ora anche il rischio concreto che alcune decisioni possano configurarsi come reato. A sollevare il velo su una delle pagine più opache della gestione dell’emergenza Covid sono l’on. Alice Buonguerrieri, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta e Vanni Frajese, endocrinologo e docente universitario, consulente della Commissione.
Controlli abbattuti, dispositivi pericolosi
Uno dei filoni principali della Commissione riguarda l’approvvigionamento e l’idoneità dei dispositivi di protezione individuale. “Nonostante gli alert internazionali che denunciavano il pericolo di dispositivi farlocchi, non solo non si è aumentato il livello di vigilanza, ma i controlli sono stati drasticamente abbattuti”, denuncia l’on. Buonguerrieri, sottolineando che la responsabilità operativa ricade sull’allora commissario straordinario Domenico Arcuri, nominato dal governo Conte.
Secondo quanto emerso in commissione, milioni di mascherine sono entrate nel Paese senza un adeguato controllo di qualità, e molti di questi DPI si sono poi rivelati inefficaci o addirittura dannosi. “Abbiamo speso cifre enormi per prodotti non solo inutili, ma in certi casi anche pericolosi per la salute”, aggiunge.
Danni erariali e ipotesi di reato
Oltre al profilo sanitario, la Commissione sta approfondendo anche i possibili danni erariali. “Abbiamo acquistato dispositivi pagandoli fino a tre volte il loro prezzo di mercato”, spiega Buonguerrieri, sottolineando come le stesse istituzioni fossero a conoscenza dei rischi. “È stato dichiarato in audizione che il governo Conte fu informato di questi pericoli, ma non intervenne”.
Il quadro che si delinea potrebbe avere anche rilevanza penale: “Alla luce delle nuove interpretazioni della Cassazione, chi ha consapevolmente immesso dispositivi inidonei sul mercato potrebbe dover rispondere anche del reato di epidemia colposa per omissione”, dichiara la parlamentare, citando il principio per cui la responsabilità può derivare anche da comportamenti omissivi in situazioni di emergenza sanitaria.
Informazione, trasparenza e rigore documentale
Evitare il rischio di mischiare il lavoro della Commissione con la propaganda politica, questa una delle missioni principali. “Parliamo solo di dati ufficiali, di documenti depositati, di atti giudiziari”, ha chiarito Fabio Duranti. E l’on. Buonguerrieri conferma: “Lavoriamo solo su numeri, carte e relazioni. Le nostre affermazioni derivano anche da inchieste in corso, come quella della Procura di Roma”.
Anche il dott. Vanni Frajese ha messo in discussione il ruolo giocato durante l’emergenza da soggetti mediatici autoreferenziali nel determinare cosa fosse considerato vero o falso. “Chi decideva cosa fosse una fake news ha influenzato la percezione pubblica, spesso censurando dati cruciali”, ha affermato. E ha posto l’accento su un tema ancora largamente ignorato: “Migliaia di persone oggi soffrono di effetti avversi post vaccino, senza una diagnosi chiara né una cura. Non possiamo più permetterci silenzi o paraventi ideologici”.
La richiesta: verità e responsabilità
Il messaggio è netto: non si tratta di vendette politiche o di regolamenti di conti, ma di ripristinare fiducia nelle istituzioni e nei processi decisionali. “Serve coraggio per guardare in faccia la realtà e dire ai cittadini la verità, anche se scomoda”, dice Duranti. E aggiunge: “Se l’informazione torna a essere indipendente e la politica mostra le carte, i cittadini possono finalmente sapere cos’è successo davvero”.
Perché il punto, ora, non è dimenticare la storia, ma imparare dagli errori, e dare voce anche a chi da quegli errori continua a pagare un prezzo altissimo.










