Un’anteprima dei dati dell’Osservatorio Procedure e Liquidazione di Cerved dipinge un quadro allarmante per le imprese italiane nel 2025. I fallimenti sono aumentati di circa il 10% nel primo trimestre, e questi si aggiungono ai 9.000 casi del 2024, che aveva già visto un picco di oltre il 17%. Quindi, sono due anni in cui i fallimenti aumentano, e di tanto.

I settori più colpiti sono le costruzioni e l’industria, cioè il cuore di un Paese. Voi capite che, quando si perde l’edilizia e l’industria, il Paese è a pezzi. Le costruzioni e l’industria hanno registrato un picco di fallimenti, e l’industria del largo consumo ha visto un incremento di procedure, seguita dall’elettromeccanica.

L’incremento è particolarmente consistente, pensate un po’, nel Nord-Est, che una volta, nell’immaginario collettivo, era il motore d’Italia. Questo anche per via delle gravi alluvioni che hanno colpito il territorio.

Start-up

Poi ci sono le start-up, cioè le imprese con meno di cinque anni di vita (a seconda delle definizioni), che sono particolarmente in difficoltà. La percentuale di procedure concorsuali gravi è passata da circa il 5% del primo trimestre 2023 al, pensate, 16% nel 2025. In due anni è triplicato il numero di fallimenti nelle start-up.

Le liquidazioni in bonis, cioè quelle volontarie per evitare liquidazioni giudiziali o altre procedure di crisi, sono invece calate. Aumentano anche le misure cautelari e protettive: i concordati preventivi, gli accordi per la ristrutturazione dei debiti. Addirittura, sono aumentati del 53%. Vuol dire che le ristrutturazioni dei debiti aziendali sono cresciute del 53%.

Traduciamolo in pratica: vuol dire che le imprese non hanno più soldi per pagare i debiti alle banche, e allora ristrutturano il debito per avere più tempo per pagare. Capite che è un Paese allo sfascio. Boh, se fossi un politico comincerei a pensare di dire qualcosa all’Unione Europea, se proprio non ho il coraggio di andarmene via.

L’impatto dei dati americani, il raddoppio di quelli su acciaio e alluminio, potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione per molte aziende. Ma capite che stiamo parlando di dati che sono antecedenti a Trump, quindi dare la colpa a Trump è evidentemente fuorviante.

Tutto ciò testimonia un tessuto imprenditoriale che ha bisogno, primariamente, di una crescita direzionale e strategica. Che è esattamente il mio mestiere.

Malvezzi Quotidiani- L’Economia Umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi