Il 1° agosto 2025, la Corte di Giustizia dell’UE ha reso una sentenza che modifica profondamente il quadro giuridico in materia di asilo e immigrazione. Il tribunale continentale ha stabilito infatti che spetta alla magistratura di ciascun stato membro decidere se un paese di origine di un migrante sia “sicuro” o meno. Questo pronunciamento ha suscitato una forte reazione da parte di osservatori e politici, tra cui il direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone, che in diretta ha sollevato dubbi sulla compatibilità di questa decisione con la separazione dei poteri e con i principi democratici.

Non è possibile che un giudice, singolarmente, stabilisca che un paese è sicuro e un altro no. Dove sta il margine di discrezionalità in una decisione che è, in fondo, politica?” È un interrogativo che mette in discussione la centralità delle istituzioni politiche e degli esperti del settore, come i ministri degli Esteri e gli apparati di sicurezza, che dovrebbero essere più adatti a valutare la situazione complessiva di un paese, rispetto a un singolo giudice.

La Corte UE smonta il “modello Albania” sull’immigrazione

L’aspetto più controverso della sentenza riguarda la legittimità di designare un paese come “sicuro” attraverso atti legislativi, come è avvenuto per l’Albania, che è stato inserito nella lista dei paesi sicuri dall’Italia nel 2023. La Corte ha dichiarato che, pur essendo possibile per uno Stato membro designare un paese come sicuro, tale decisione non può sottrarsi a un controllo giurisdizionale. La presunzione di sicurezza deve rimanere relativa e, soprattutto, non può ignorare le garanzie di protezione internazionale per tutte le categorie vulnerabili.

Capezzone, però, critica profondamente l’idea che la sicurezza di un paese debba essere valutata in modo così assoluto. Se dobbiamo seguire il criterio che un paese non può essere considerato sicuro se non lo è per tutti i cittadini, allora siamo di fronte a una follia: nessun paese al mondo potrebbe mai essere sicuro! La sua critica si concentra sull’idea che, in un mondo complesso come quello odierno, dove esistono sempre delle vulnerabilità, nessun paese potrebbe rispettare questa norma senza dover essere messo in discussione.

Un controllo giurisdizionale di natura discutibile

Il cuore della sentenza della Corte riguarda la possibilità di un controllo giurisdizionale effettivo sulla designazione dei paesi sicuri. La Corte ha sottolineato che il giudice deve poter esaminare la legittimità della decisione, non solo attraverso l’analisi delle leggi, ma anche verificando le fonti utilizzate per determinare se un paese rispetta i criteri di sicurezza. Le fonti di informazione devono essere accessibili sia al richiedente asilo che al giudice, al fine di garantire un controllo trasparente e giusto.

Il problema sollevato riguarda l’affidabilità di tali fonti e come i giudici possano effettivamente basare le loro decisioni su dati corretti e verificabili. Cosa faranno i magistrati, sentiranno tre ONG e una cooperativa e poi decideranno sulla sicurezza di un paese? E se le fonti di informazione sono manipolate? L’interrogativo riflette il rischio di decisioni prese su basi insufficienti e poco oggettive, mettendo a rischio l’integrità del sistema.

Un ruolo politico per la magistratura?

Un altro punto che preoccupa è l’attribuzione alla magistratura di un compito che non dovrebbe essere suo. L’immigrazione è una questione politica, che riguarda le scelte di governo, non una questione che deve essere gestita dai tribunali. La gestione dei flussi migratori dovrebbe rimanere in mano alle istituzioni politiche, che possono basare le loro decisioni su una visione più ampia e su informazioni che includono diversi ambiti, dall’economia alla sicurezza nazionale.

Corte UE – Immigrazione | Le conseguenze della sentenza

La sentenza della Corte UE avrà certamente un impatto significativo sulla politica migratoria dell’Unione Europea. La decisione sancisce che ogni designazione di un paese come sicuro deve essere soggetta a verifica giuridica, il che rende molto più difficile per gli Stati membri respingere in modo rapido i migranti provenienti da determinati paesi. Inoltre, la Corte ha stabilito che non è più possibile trattare un paese come sicuro se esistono categorie di persone a rischio di persecuzione o violazione dei diritti umani.

Capezzone avverte che questa decisione potrebbe risultare in una paralisi del sistema migratorio europeo, con possibili gravi conseguenze: Abbiamo visto che l’Europa non riesce a gestire l’immigrazione in modo efficace. Ora, con l’intervento della magistratura, rischiamo di arrivare a una paralisi totale. Il rischio è che le istituzioni politiche vengano esautorate a favore di un sistema che, a suo avviso, non è attrezzato per gestire questioni di questa portata.