In molti conoscevano il nome di Paolo Bellavite prima della settimana corrente, tutti lo conoscono ora che è in bocca a mezzo mondo medico, ma le voci che corrono non sono esattamente accomodanti.
Di cosa si è macchiato Paolo Bellavite per far trasalire l’Ordine dei medici al solo pronunciare il suo nome? Quello che riempie pagine e pagine di editoriali è l’atteggiamento “scettico” tenuto dal medico sui vaccini in pandemia. Scettico su cosa esattamente?
Forse del fatto che la terza dose sarebbe durata 10 anni? Oppure sul dire che “funzionicchiano” e raccomandare lo stesso – senza se e senza ma – le inoculazioni non sia una comunicazione propriamente scientifica?
O magari del fatto che “il green pass è la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”?
Ematologo, ricercatore, docente universitario, autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche, Ballavite ha sviluppato la sua carriera accademica tra l’Università di Verona, il Regno Unito e l’Africa. Eppure, negli ultimi anni, è finito nell’occhio del ciclone non per errori o scandali, ma per aver osato sollevare dubbi pubblici sulle politiche vaccinali anti-Covid e sull’obbligo del green pass. La sua recente nomina al Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (NITAG) del Ministero della Salute ha scatenato un’ondata di polemiche: per i critici, sarebbe “colpevole” di non allinearsi alla narrazione ufficiale.
Nato a Verona nel 1952, laureato in Medicina e Chirurgia a Trieste, specializzato in Ematologia, Bellavite ha conseguito un master in Biotecnologie in Inghilterra e un diploma in Statistica sanitaria ed epidemiologia. È stato professore di Patologia Generale per decenni, ha lavorato in Burundi nel campo della ricerca medica ed è autore di 300 lavori scientifici, molti su riviste internazionali. Insomma, un curriculum che pochi detrattori potrebbero eguagliare.
Eppure, ciò che i media mainstream gli imputano è di aver detto e scritto cose “non conformi” su vaccini e green pass. Tra i suoi interventi più discussi: «In un certo senso, chi ha paura del vaccino ha ragione» o la convinzione che la comunicazione pubblica abbia minimizzato i possibili effetti avversi, arrivando a sostenere che «come numero di vittime, i vaccini anti-Covid hanno pareggiato quelle del virus».
Al cuore della disputa c’è anche la questione dell’efficacia nel fermare i contagi. Per mesi le istituzioni hanno ripetuto frasi come: «Il vaccino ti mette al riparo dal contagio» oppure «Chi si vaccina non trasmette il virus». Dichiarazioni che col senno di poi si sono rivelate errate, visto che migliaia di vaccinati hanno contratto e trasmesso il Covid, anche in piena campagna vaccinale. Lo stesso Bellavite ha più volte sottolineato che il vaccino non possiede “immunità sterilizzante” e che la protezione dal contagio era molto più limitata di quanto annunciato.
Bellavite respinge l’etichetta di “no-vax”: non ha mai negato il valore dei vaccini in senso assoluto, ma ritiene che su quelli anti-Covid si sia assistito a una spinta politica e mediatica senza precedenti. Difficile non essere un po’ “scettici” al riguardo.
Nel video il commento del giornalista Fabio Dragoni e di Antonio Rinaldi.










