
Alessandro De Giuseppe, inviato de Le Iene che se ne è occupato in questi anni, rilancia interrogativi pesanti sulla gestione del caso Poggi. Tra omissioni, impronte ignorate e conflitti d’interesse, il DNA trovato nel cavo orale della vittima potrebbe riaprire completamente il delitto di Garlasco.
Un DNA sconosciuto e troppe omissioni
Il profilo genetico maschile, ribattezzato “ignoto 3”, trovato nel cavo orale di Chiara Poggi a distanza di quasi due decenni dal delitto, ha riportato il caso Garlasco al centro del dibattito pubblico. Secondo Alessandro De Giuseppe, inviato de Le Iene che da anni segue il caso, questa scoperta potrebbe cambiare radicalmente la storia giudiziaria: “Se questo DNA dovesse arrivare a definire una persona, probabilmente sarebbe la risoluzione, perché ormai mi pare chiaro che sulla scena del delitto ci siano state almeno due persone, forse tre”. L’anomalia, tuttavia, non sta solo nella scoperta, ma anche nel suo ritardo: “Saltano fuori evidenze dopo 18 anni che non sono neanche state guardate”, denuncia. E ancora: “L’impronta cancellata sul corpo della povera Chiara, le impronte nella casa, il posacenere non repertato, le vaschette della pattumiera… tutto ignorato”.
La questione del conflitto d’interessi
Nel mirino di De Giuseppe finisce anche Luciano Garofano, ex comandante dei RIS e oggi consulente della difesa di Andrea Sempio, attualmente indagato. “Ma com’è possibile che il capo dei RIS allora sia consulente di parte di un indagato per lo stesso omicidio? Non c’è un piccolo conflitto di interessi? Usiamo questo termine che va molto di moda, non c’è qualcosa che non torna”, accusa il giornalista. La critica si estende anche agli avvocati della famiglia Poggi, rei – secondo De Giuseppe – di aver “saltato subito alle conclusioni” definendo “ignoto 3” come una semplice contaminazione. “Non puoi già dire ‘è una contaminazione e basta’. L’unico colpevole è Stasi perché lo dice la sentenza? Ma andiamo a vedere tutto quello che non torna in quella sentenza”.
Un paese pieno di segreti
L’atmosfera che emerge da Garlasco, secondo De Giuseppe, è quella di una Twin Peaks italiana: “È un paese strano… se vai con la telecamera si avvicinano tutti, ma se fai una domanda non risponde nessuno”. In questo contesto si inserisce anche il caso di un giovane recentemente attenzionato dagli inquirenti, morto suicida in circostanze misteriose. “Fanno pensare a cosa? Al fatto che potesse avere un segreto, qualcosa che magari era diventato così pesante nella sua coscienza”. Il giornalista non avanza ipotesi definitive ma solleva dubbi inquietanti: “Non voglio azzardare l’ipotesi che ci sia una pista che porta a rituali particolari… però ci sono profili particolari. E qualcosa si sta muovendo”.
La prova chiave e le domande inevase
Il DNA maschile nel cavo orale di Chiara non è solo presente: è abbondante. Un dato che per De Giuseppe contrasta con la teoria della contaminazione. “La quantità abbondante potrebbe essere figlia di un morso, Chiara immobilizzata da due persone, perché lì ormai mi pare chiaro che non è uno solo l’assassino”, afferma. E pone l’accento su una scelta medico-legale anomala: “Perché il dottor Ballardini fece un tampone orale? Non è usuale… qualcosa avrà significato”. Ma la domanda più inquietante è un’altra: “Come può un reperto rimanere inosservato per 18 anni?”. Per De Giuseppe, la verità sul delitto potrebbe non solo emergere, ma anche smontare una sentenza che per anni ha retto su presupposti parziali. “Le sentenze vengono emesse in nome del popolo italiano… francamente, a me questa cosa fa girare profondamente le scatole”.









