In un mondo in cui la verità sembra sempre più sfuggente, la crisi dei grandi media novecenteschi non è solo una questione di tecnologia. È la fine di un’illusione: quella di un’informazione imparziale, svincolata dagli interessi di chi la produce. Oggi, mentre i lettori fuggono dai quotidiani cartacei e si rivolgono ai nuovi spazi digitali, assistiamo alla nascita di realtà come il city journalism—un giornalismo che non si limita a raccontare la città, ma che fa della città stessa il proprio campo di battaglia e di influenza. Un giornalismo fatto dal cittadino e non più dal giornalista.
Non solo un problema di carta
I grandi giornali italiani, un tempo considerati baluardi della democrazia, sono stati travolti da una tempesta perfetta: calo di fiducia, crisi economica, intrecci tra editoria, finanza e politica. Le leggi che dovevano aiutare la transizione tecnologica si sono trasformate in rendite di posizione, e il conflitto di interessi ha allontanato i lettori, sempre più alla ricerca di un’informazione “libera”—che spesso, però, non è affatto neutra, ma semplicemente meno visibile nei suoi interessi. I social media e il web hanno cambiato le regole del gioco: oggi, la notizia viaggia in tempo reale, ma la qualità e l’autorevolezza non sono più garantite da un editore “puro”, bensì da una miriade di voci, ognuna con la propria agenda.
Non ne è immune il giornalista “influencer” senza tesserino. Anche qui, dietro ogni articolo, ogni inchiesta, c’è una visione del mondo, un interesse, un’ideologia. La neutralità è una chimera: ogni informazione nasconde, più o meno consapevolmente, un punto di vista, una scelta, una spinta a orientare il lettore.
Nessuna informazione è neutra
Edward Bernays, il padre delle relazioni pubbliche, ci ha insegnato che la manipolazione dell’opinione pubblica non è solo possibile, ma necessaria in una società democratica. “Quelli che manipolano questo meccanismo invisibile della società costituiscono un governo invisibile, che è il vero potere dominante del nostro paese. Siamo governati, le nostre menti sono plasmate, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, in gran parte da uomini che non abbiamo mai visto”. Bernays sosteneva che la propaganda—oggi la chiamiamo comunicazione—è parte integrante della democrazia: serve a “cristallizzare” l’opinione pubblica, a dare forma a idee e scelte collettive.
La sfida del lettore consapevole
In questo scenario, il lettore non può più limitarsi a fidarsi ciecamente di una testata o di un giornalista. Deve imparare a leggere tra le righe, a riconoscere gli interessi nascosti, a distinguere tra informazione e propaganda. I vecchi media sono caduti perché hanno perso la fiducia dei cittadini, ma anche perché la società ha scoperto che dietro ogni notizia c’è sempre una visione, un interesse, un tentativo di influenzare. Il giornalismo fai da te non è la soluzione, ma una nuova sfida: quella di un’informazione che si fa portavoce di voci e interessi locali, ma che non può mai essere davvero neutra.
You are the media now, ma non privo di una determinata visione del mondo.
Ne abbiamo parlato con la firma de La Verità Boni Castellane a ‘Un Giorno Speciale’.