Le telecamere sbirciano dentro casa vostra? Non è più una teoria del complotto da tempo: ora ne parlano pure nei media tradizionali.
Nella tecnologia tutto è tracciabile. Possono promettervi di proteggere la privacy, le informazioni sensibili, le password. Ma nell’informatica una soluzione per riavvolgere il gomitolo si trova, con più o meno difficoltà. Sta nelle mani degli hacker. Tuttavia, negli anni del dominio degli smartphone, degli “ecosistemi”, dell’accesso remoto, il tesoro più importante da trafugare sono i big data. Ma lo fanno solo gli hacker? No, non più.
Trattamento illecito di dati: alcuni esempi
Di condanne per mancata protezione della privacy ce ne sono ormai di vario tipo. Possiamo nominare ad esempio la reprimenda dell’Autorità Europea per la Protezione dei Dati nei confronti della Commissione europea. Quest’ultima è stata infatti trovata con le mani nel sacco quando per promuovere una proposta di regolamento sulla prevenzione degli abusi sessuali sui minori, avrebbe trattato in maniera illecita i dati degli utenti di X, facendo una campagna pubblicitaria mirata, ma adottando una strategia non conforme ai principi della privacy online.
Più recente è la condanna sempre nei confronti della Commissione europea, accusata di aver violato il suo stesso GDPR trasferendo i dati sensibili di un cittadino tedesco negli USA, senza adeguate garanzie.
Microfoni e telecamere spia in casa: non più una teoria del complotto
Se fino a qualche anno fa si parlava di complottismo sugli allarmi inerenti alle telecamere, agli “home assistant” o al microfono dei propri smartphone, da qualche tempo ne parlano anche le voci principali del giornalismo. “I ricercatori di un’agenzia di sicurezza informatica – si legge in un articolo del Corriere della Sera – avrebbero scovato online ben 40.000 telecamere (un dato a livello mondiale) a cui è possibile accedere senza particolari problemi”. Anche TGCom 24 riporta: “L’occhio di 70mila telecamere sulle città italiane. Quello che vedono potrebbe finire su internet“. Diverse testate principali hanno poi raccontato mesi fa dell’allarme di alcuni esperti della cybersicurezza: i microfoni installati nei nostri cellulari potrebbero ascoltarci anche quando noi non vogliamo. Insomma, come predisse il matematico inglese Clive Humby: “I dati sono il nuovo petrolio”. Nonostante tutte le garanzie promesse, non possiamo essere certi che qualcuno, ingolosito, non ci metterà sopra le mani.
Ascolta il commento con Martina Pastorelli, giornalista de La Verità.