Da settimane l’Unione Europea sta cercando di negoziare degli accordi commerciali di libero scambio con un numero crescente di Paesi per “liberarsi“ dai molti dazi annunciati dall’amministrazione americana Trump.

Un altro motivo è per provare ad approfittare della confusione che questi dazi hanno creato. Lo chiamerei proprio “movimento di cambiamento e libertà”. Una maggiore apertura al libero scambio oggi trova sostegno da praticamente tutti i Paesi del mondo, non solo quelli storicamente favorevoli al commercio internazionale come la Germania, ma anche quelli in passato più protezionisti come per esempio la Francia. L’Unione Europea ricordatevi che è anche un’unione doganale. E quindi tutti gli accordi commerciali che riguardano i suoi Paesi devono essere negoziati congiuntamente.
Le trattative sono gestite dalla Commissione Europea, in modo particolare sono due le persone: la Presidente pessima Ursula von der Leyen e il Commissario per il Commercio e la Sicurezza Economica. Al momento l’Unione Europea ha accordi di libero scambio con oltre 70 Paesi. L’Unione Europea sta intavolando diverse aperture verso altri Paesi come gli Emirati Arabi, la Malesia, il Canada, il Messico, l’India. Il processo di approvazione degli accordi commerciali è infatti lungo e complesso: devono essere approvati dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione e, in alcuni casi, ratificati dai vari Stati membri. Molti di questi negoziati sono iniziati da relativamente poco e ci vorrà del tempo perché si chiuda un accordo.
L’UE predica il libero scambio e poi…
E noi sappiamo dalla sospensione di 90 giorni dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, come Stati Uniti e Unione Europea abbiano la più grande relazione commerciale al mondo ma senza alcun accordo commerciale complessivo. L’Unione è anche aperta alla possibilità di trovare accordi più strutturali e favorevoli agli Stati Uniti, bontà sua, per evitare l’imposizione dei dazi o perlomeno limitarne la portata. Vi è tuttavia un obbligo ben più importante: governare la volatilità e l’incertezza determinata da questa situazione creando nuovi sbocchi commerciali. Cercando di proporsi come partner solido e affidabile con cui è vantaggioso fare accordi con altri mercati e aree geografiche senza riuscire possibilmente a burocratizzare tutto ciò che è stato il più grave errore dell’Unione Europea degli ultimi 25 anni: rendere tutto burocrazia.
Io fra poco faccio consulenza di strategia a un’impresa: so già quello che mi diranno, e cioè che nel loro settore la regolamentazione, anche italiana, è eccessiva.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi