Non sempre dettami “istituzionali” e dettami “veri” sono sinonimi. E’ con le linee guida istituzionali che ad oggi, si smentisce la validità scientifica del metodo Di Bella, la cui storia è costellata di irregolarità e controversie giuridiche anche nei decenni successivi alla sperimentazione ministeriale cui la terapia fu sottoposta nel 1998.
La terapia continua ad oggi grazie alle sole donazioni di privati cittadini, così come gli studi e la mole di dati che vengono raccolti. Quello che manca, in presenza di studi comprovati presenti sulle banche dati in quantità rilevante, è la libertà di cura che relega il metodo a para-medicina senza un motivo ulteriore a quella “controversa” sperimentazione ministeriale.
Gravi irregolarità hanno destituito di ogni validità e dignità scientifica la sperimentazione ministeriale del Metodo Di Bella nel 1998.
La prima furono i criteri di arruolamento assolutamente antitetici a quelli enunciati dal Prof Di Bella in commissione oncologica e verbalizzati. Egli aveva affermato che il suo Metodo poteva essere sperimentato, in pazienti in stadio iniziale, non chemio, né radiotrattati, in quanto queste terapie, unitamente alle condizioni critiche degli stadi terminali, avrebbero inattivato e vanificato la risposta clinica.
Di tutta risposta, furono arruolati, tranne rare eccezioni, pazienti chemio-radiotrattati, non più responsivi, con aspettativa di vita tra 11 giorni e 3 mesi.
Ma neppure i dosaggi indicati da Di Bella perché la terapia funzionasse regolarmente furono rispettati. Il composto dei retinoidi conteneva dosaggi ampiamente inferiori a quelli richiesti e programmati.
Farmaci scaduti furono somministrati a 1048 ammalati, come da verbale firmato dai marescialli dei NAS Ciro Spiniello e Antonio Barrasso.
La somministrazione dei farmaci del Metodo Di Bella non solo fu incompleta, ma fu perfino somministrata erroneamente una sostanza cancerogena e tossica quale l’acetone.
Per finire, alla grande maggioranza dei pazienti non è stata somministrata la somatostatina con siringa temporizzata, vanificandone l’effetto e provocando sintomi gastroenterici.
Ci sono alcune molecole che, lavorando in sinergia, possono contrastare sia i tumori che le infezioni batteriche e virali. Ma come avviene questo processo? Il dottor Giuseppe Di Bella lo ha spiegato nel corso dell’incontro di sabato 26 settembre all’Hotel Carlton di Bologna, nonché nel suo ultimo lavoro “Prevenzione antinfettiva e oncologica”, basato su pubblicazioni presenti nelle banche dati biomediche come PubMed e Researchgate, in cui analizza diverse terapie per vari casi oncologici.
“Uno degli obiettivi del mio libro è presentare, con la massima chiarezza possibile, elementi certi provenienti dalla letteratura scientifica, seguendo un approccio logico, razionale e verificabile“, ha detto il dott. Di Bella.
Questi ingredienti, se utilizzati tempestivamente, possono prevenire il deterioramento di infezioni potenzialmente letali, soprattutto in età avanzata.
Gli effetti si manifestano su due fronti: antinfettivo e antitumorale. Prodotti biologici di questo tipo agiscono a due livelli, poiché condividono una matrice comune nelle strutture immunitarie, favorendo reazioni biologiche essenziali per una vita sana.
Quali sono questi prodotti? Non si tratta di elementi rari, molti dei quali sono sinergici e possono essere utilizzati insieme. “Se fossero stati impiegati in combinazione ad esempio in periodo Covid, avrebbero non solo prevenuto numerose infezioni, ma anche accelerato il decorso e ridotto l’aggravamento di molte malattie, grazie all’effetto moltiplicativo della loro sinergia“.
Prendiamo ad esempio il lisozima, presente nel latte materno e nel latte bovino, insieme ad altri componenti come la lattoferrina, l’alfalattoalbumina, la quercetina, il glutatione ridotto e l’alfalattoalbumina. Utilizzati in modo combinato, estendono un meccanismo d’azione molto ampio.
Il lisozima ha tossicità zero e agisce su vari aspetti dell’immunità, sia innata che adattativa, in sinergia con la lattoferrina. L’alfalattoalbumina, invece, è efficace nell’eliminare non solo virus, ma anche batteri, specialmente se utilizzata con la lattoferrina, che aumenta la sensibilità dei germi gram-positivi e gram-negativi agli attacchi.
Differenza con la terapia tradizionale
Fondamentali anche i retinoidi, per un semplice motivo: “Quando parliamo di contrasto ai tumori dobbiamo intervenire sui codici della vita, sul DNA“.
Inevitabile l’accostamento all’unica terapia oncologica oggi concessa, “che può essere efficace, e anche molto in certi casi. Il problema è che a un certo punto loro hanno sempre bisogno di operare, Come mai? Perché le cellule tumorali hanno capacità adattiva e mutabilità costitutiva. Si adattano alle avversità“.
Ecco perché nella Terapia Di Bella si inserisce il nuovo concetto e criterio d’impiego della vitaminologia che dal suo ruolo originario biochimico-vitale, è assurta a quello terapeutico-razionale, volto a realizzare l’equilibrio organico mantenendo costante il rapporto tra materia vivente e contenuto energetico. Un risultato altrimenti non raggiungibile.
Per approfondire, ecco le slide presentate e spiegate dal dott. Giuseppe Di Bella | VIDEO
Quanto ci si può fidare delle riviste scientifiche? Quello che è un dibattito simile a una lesa maestà sembra però più un tabù della scienza che una verità inconfutabile. La scienza non è democratica, questo è vero. Una volta che uno studio finisce in letteratura, possono essere poche (ma non inesistenti) le opposizioni, anche se perché ciò accada c’è un duro meccanismo di revisione dei colleghi pari grado (“peer review”) che garantirebbe l’autenticità della ricerca.
Ma talvolta non basta neppure questo. Eloquente fu la posizione del Nobel Schekman, che a più riprese ha denunciato l’inquinamento del dato clinico a favore del profitto. Stesso discorso per quanto riguarda Giuseppe Di Bella, il cui Metodo in funzione antitumorale deve oggi essere applicato in silenzio e senza troppo indispettire le autorità sanitarie.
Nell’incontro tenuto all’Hotel Carlton di Bologna il dott. Di Bella ha raccontato della difficoltà riscontrata nel farsi pubblicare sulle riviste scientifiche, ma di come questo non sia dipeso dall’invalidità dei lavori: “Fortunatamente qualche rivista meno titolata, ma comunque presente sulle banche dati ha pubblicato i nostri lavori. A chi lo fece abbassarono subito l’impact, come Endocrinology Letters a cui va tutta la nostra gratitudine”.
“Questo è il significato di quello che dice Schekman. Come si fa carriera? Un clinico, se vuole fare carriera vera, basta che pubblichi su una rivista tipo Nature, tipo Science, che hanno un impact astronomico. Bastano uno o due lavori e fa una carriera enorme. Per cui c’è un punto fondamentale di gestione delle carriere scientifiche, perché poi sempre loro diventano ‘Key Opinion Leader’, perciò ogni tanto lo interpellano e poi in base a ciò che dice erigono degli esempi per l’opinione pubblica”.
La parola chiave è prevenzione, ancor più quando si parla di eventuali effetti avversi. Cosa fare dunque dopo più dosi di vaccino, se si teme di avere effetti indesiderati? Prevenire.
Lo si può fare grazie ad alcuni “ingredienti” che, usati in sinergia al giusto momento possono fare molto abbattendo i rischi.
“Occorre attivare nella misura massima, fisiologica e non tossica, le capacità immunitarie. Andando a interferire sui punti critici del sistema immunitario – parliamo di interferone – se io elevo la capacità immunitaria, allora abbatto notevolmente il rischio di contrarre infezioni: queste non arriveranno mai a livelli drammatici.
Un esempio tipico, se parliamo di interferone, sono i bambini. Anche dando a bambini piccoli, fin dalla nascita, i retinoidi, la vitamina C e la vitamina D3, si abbatte la percentuale di quelli che si ammalano“.
Il discorso non è troppo diverso per gli adulti: qui l’approfondimento del Dott. Giuseppe Di Bella nel corso della conferenza all’Hotel Carlton di Bologna del 28.09.2024.
Drew Weissman, premio Nobel 2023 per la medicina, pubblicò nel 2018 un articolo su Nature dal titolo “mRNA vaccines — a new era in vaccinology“.
Insieme ai motivi per cui, a detta del Nobel, i vaccini mRNA sono novità dirimenti nel panorama scientifico, nell’articolo sono presenti anche i rischi che simili terapie possono comportare per chi vi venisse sottoposto. Parliamo di problemi nella stabilizzazione dell’interferone 1 e della possibilità di reazioni autoimmuni ed effetti autoaggressivi. “E hai detto niente, se parli di interferone 1 parli di tutte le immunità“.
Nel corso della presentazione di “Prevenzione Antinfettiva e Oncologica”, il nuovo lavoro del dott. Giuseppe Di Bella, si è parlato anche delle reazioni avverse del vaccino Covid e della loro prevenzione.
Ma innanzitutto: perché il rischio è nello specifico sui vaccini mRNA?
“Coi vaccini tradizionali si andava a iniettare il virus depotenziato nell’organismo in modo che non potesse essere aggressivo. Ora invece c’è una proteina oltretutto protetta da fosfolipidi, quindi dura una vita. Questa può creare reazioni autoimmunitarie, perché le sue sequenze possono essere molto simili a sequenze amminoacidiche di proteine che hanno un ruolo fondamentale multiorgano“. Facendo un esempio concreto, “c’è una proteina dei muscoli che si chiama titina: la spike produce anticorpi molto simili alla struttura della titina generando cardiopatia“.
Allora come ovviare?
“Intanto bisognerebbe studiare il tipo di danno prodotto“. Nel caso del cuore è utile ricorrere all’accoppiata “melatonina e coercitina che vanno a intervenire sull’endotelio vasale“, cioè sulle pareti interne generando fluidità nella circolazione.
Questo e alcuni altri casi sono stati enunciati dal Dott. Di Bella nel corso della presentazione all’Hotel Carlton di Bologna | Guardala nel VIDEO.
“Perché ho scritto questo libro? Per informare la gente che ci sono delle situazioni, delle patologie, in cui qualcosa si può fare. Ovviamente con molta prudenza, con molta umiltà perché i miracoli li fa il Padre Eterno. Ma in tutta franchezza vi dico che qualcosa di più si può fare oggi. E se si può fare perché non lo facciamo?”. Il dottor Giuseppe #DiBella non ne ha mai fatto un segreto: la critica alle terapie tradizionali nella lotta al cancro non è da intendersi per intero. “Delle cose utili vengono fatte, il problema è che sono temporanee a causa dell’adattabilità di quelle cellule. Ecco perché a un certo punto sono costretti a operare”. Di contro, non esiste alternativa che possa garantire una guarigione completa al 100%, “ma qualcosa in più certamente si può fare”. Cosa esattamente? Per esempio fare prevenzione in modo diverso, ma elementi differenti nella Terapia Di Bella sono presenti sia in funzione preventiva che a guarigione in corso. “Abbiamo avuto dei casi di remissione di osteosarcomi giovani: ragazzi se non bambini. Loro non ne hanno.
Questo perché nel bambino l’osteosarcoma con metastasi polmonare ha un margine di sopravvivenza che non è molto distante dallo zero. Noi abbiamo pubblicato una trentina di casi e abbiamo spiegato il perché. il motivo è molto semplice: cosa utilizzano le cellule tumorali per crescere? L’ormone della crescita. Dove cresce di più l’osteosarcoma? Nella parte terminale dell’osso. In quel punto lì si concentra l’ormone della crescita, ma contemporaneamente c’è un picco negativo della melatonina: il picco negativo di quest’ultima e il picco positivo dell’ormone mi crea le condizioni di una crescita esponenziale delle cellule tumorali. Dando gli elementi classici della terapia, qualcuno dei pazienti che avevamo siamo riusciti a riacchiapparlo per i capelli, ma con enorme difficoltà. Perché se fai fare la terapia Di Bella a un minorenne ti tolgono la patria potestà”. Impossibile da spiegare in poche righe gli altri 24 casi esaminati nell’ultimo libro “Prevenzione Antinfettiva e Antitumorale”, anche perché di caso in caso ci sono protocolli differenti. Ecco perché il professore ne ha discusso diffusamente nella conferenza all’Hotel Carlton di Bologna di sabato 28 settembre di cui qui vi riportiamo gli estratti.