Si fa impiantare cinque microchip sotto pelle: non veniteci a parlare di progresso e libertà

Sui principali quotidiani nazionali leggiamo di un italiano che per primo si è fatto impiantare il microchip sottocutaneo. Più precisamente si è fatto impiantare ben cinque microchip sottocutanei. Naturalmente i giornali, in quanto organi e grancasse del nuovo ordine mentale, della forma mentis di completamento del Nuovo Ordine mondiale liberal nichilista, celebrano questo giovane mettendo in mostra tutti i vantaggi che conseguono dalla scelta di farsi impiantare ben cinque microchip sottopelle. Nessun giornale, per parte sua, prova a evidenziare i rischi e i pericoli, le conseguenze paradossali di questa scelta. E già questo dovrebbe indurci a una riflessione critica sulla funzione oggi assunta dalla massima parte del giornalismo come grancassa dell’ordine dominante, come semplice creazione di un consenso a beneficio dei gruppi dominanti.

Il vero giornalismo dovrebbe essere, viceversa, il far sapere ciò che il potere non vuole si sappia. E invece oggi, in massima parte, il giornalismo opera in maniera diametralmente opposta, facendo sapere ciò che il potere vuole si sappia e non facendo sapere ciò che il potere non vuole si sappia. La cosa sconvolgente, invero, non è tanto la questione in sé del microchip impiantato sotto la pelle, come potrebbe a tutta prima apparire, certo, è una cosa sconvolgente anch’essa, se si considera che stiamo procedendo speditamente verso una società del transumano, una società disumanizzata, una società in cui l’uomo diventa sempre più, per dirla con Martin Heidegger, l’utilizzato dalla tecnica. Ma la cosa più sconvolgente, invero, è che l’individuo ora si ritenga più libero di prima, è quanto affiora con limpido profilo dai resoconti giornalistici relativi a questa vicenda.: il ragazzo che si è fatto impiantare ben cinque microchip si ritiene più libero di quanto non fosse prima.

Si ritiene più libero di quanto non fosse prima dacché ora può pagare con il microchip, può acquistare con il microchip, può accedere a certi luoghi pubblici mediante il microchip, non ha alcun dubbio nel definire progresso questo balzo in avanti verso il controllo totale, verso la riduzione dell’umano a mera appendice della tecnica. Ebbene, il transumanesimo si manifesta ideologicamente proprio così, come progresso e come libertà, quando in verità si tratta, è bene ribadirlo, di un processo di disumanizzazione integrale dell’uomo. La domanda da porre resta sempre la stessa vecchia almeno quanto Platone: perché gli uomini amano le proprie catene e sono financo disposti a battersi in loro difesa? Perché gli uomini incatenati là sotto, nel caliginoso e umbratile antro, non si battono per la propria liberazione e anzi, all’occorrenza, sono disposti a lottare unicamente contro chi volesse liberarli e ricondurli verso la luce del sapere e della libertà?.

Eterna domanda, eterno problema, si potrebbe dire. Un problema che si pone anche alla luce della questione che stiamo oggi affrontando: come è possibile che un individuo voglia con zelo e con ebete euforia impiantarsi cinque microchip senza comprendere che quella che sta attuando non è libertà, ma ulteriore soggiogamento al potere della tecnica che, proprio come in Matrix, l’ennesimo rifacimento della caverna di Platone, prevede il fatto che le macchine sempre più sottomettano e dominino l’uomo. Questa è la domanda e ovviamente non potrete trovare alcuna risposta, ma nemmeno la domanda stessa leggendo i principali quotidiani che discutono della questione.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro