L’Italia punta tutto sulle costruzioni, ma non riuscirà ad avere i fondi per chiudere i progetti

Il dossier di “Intesa San Paolo” sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, Il famoso Pnrr, mette in guardia sulla capacità delle imprese di assorbire la valanga di denaro pubblico che pioverà sul settore delle costruzioni, che riceverà oltre alla metà dell’intero Pnrr. Il valore aggiunto delle costruzioni è aumentato ascoltate bene del 27% da fine 2019 a fine 2022. Cioè in tre anni, guarda caso, durante il periodo Covid, è aumentato del 27%. Ma l’obiettivo di un aumento del valore aggiunto cumulato del 58% nel 2021-2026, cioè l’idea di aumentare di quella cifra al 58% nel settore costruzioni è ambizioso perché non è garantito che la filiera delle costruzioni possa presentare livelli elevati di capacità produttiva in eccesso e sia in grado di aumentare ulteriormente la produzione in tempi rapidi. Il calo del materiale è un vero e proprio shock che può determinare ritardi nei tempi di lavoro e difficoltà di approvvigionamento e il tasso di posti vacanti nelle costruzioni ha raggiunto un massimo storico.

L’Italia ha 178.000 progetti da portare a termine, secondo fonti del Sole 24 Ore, mentre in altri Paesi i piani presentano un numero minore di interventi a beneficio di una maggiore concentrazione dello sforzo produttivo. Che ci dobbiamo fare? La risposta mia è dobbiamo cambiare completamente logica, dobbiamo smetterla di affidarci a questi piani di tipo internazionale, in cui la nostra politica non decide più. Dobbiamo riportare l’attenzione dell’economia sulle famiglie e sulle imprese, cioè fare quello che io scrivo qua in questo libro “L’amore sconfiggerà i mercati”, che è uscito in libreria. La mia ultima pubblicazione, io vi invito di leggerlo per trovare dentro una decina di lettere sull’economia umanistica che presentano un’idea diversa di come non fare fallire le imprese e le famiglie.