Siamo ormai ad oltre un anno di distanza dall’inizio della guerra in Ucraina e la situazione non sembra essere destinata a terminare con una soluzione diplomatica. Non al momento.
Continua l’invio costante di armi, di jet, di Abrams.
Ci sono state conferenze, rilevante è stata quella di Monaco per la sicurezza svoltasi nel febbraio scorso.
La Cina ha stupito tutti annunciando un’iniziativa per la pace.
Si era capito il contrario dalle dichiarazioni del Segretario di Stato degli USA Antony Blinken: “La Cina è pronta a fornire armi alla Russia“.
Dopo l’abbraccio di una commossa Meloni a Zelensky e dopo la promessa di Biden (“La Russia non vincerà mai“), ha parlato anche Putin. “Se si userà il nucleare, saremo pronti” dice il capo del Cremlino, il quale, si diceva nelle ultime settimane, avrebbe revocato un decreto riconoscente la sovranità della Moldavia e avrebbe posizionato le sue truppe al confine di essa.
Pronta una nuova minaccia? Francesco Borgonovo ha intervistato in diretta Fulvio Scaglione, giornalista di Limes, rivista italiana di geopolitica.
Come vede la situazione attuale?
È la guerra delle previsioni sbagliate. Una di queste riguarda la durata della guerra: nessuno pensava un anno fa che ci saremmo ritrovati in una situazione del genere. La situazione sta peggiorando. Tutti annunciano svolte militari importanti in primavera. Aumentano le distruzioni e le vittime.
La recente conferenza di Monaco ha segnato una svolta nell’atteggiamento occidentale. Prima si diceva ‘Aiutiamo l’Ucraina e fermiamo i russi’. Siccome non è successo è diventato: ‘Armiamo sempre di più l’Ucraina e sconfiggiamo la Russia’.
Anche questo sembra non succedere. Così è diventato nella conferenza di Monaco: ‘Bisogna sconfiggere la Russia perché altrimenti il nostro sistema crolla‘.
Per quanto riguarda la Moldova, un secondo fronte russo in un punto così sensibile forse converrebbe più agli Ucraini.
Ha scritto di recente un interessante articolo a proposito di libertà democratica in Ucraina. Cosa intende?
Va fatto un passo indietro.
Quando Zelensky è stato eletto presidente trionfalmente nel 2019, la prima cosa che ha fatto è stato sciogliere le camere e fare elezioni politiche anticipate nelle quali il suo partito ha ottenuto la maggioranza assoluta.
L’anno dopo però alle elezioni amministrative, il servo del popolo è stato sconfitto ovunque, anche a Kiev dove è arrivato terzo. Alla fine del 2021, Zelensky controlla totalmente le istituzioni ma ha una larga sfiducia da parte dei cittadini.
Già prima dell’invasione c’erano una serie di leggi speciali che gli permettevano di escludere personaggi scomodi. Cosa che successe a Razumkov, Presidente del Parlamento che è stato considerato traditore ed è stato quindi stroncato dal punto di vista politico.
Quando poi sono arrivati i russi, il presidente ucraino ha reso ancora più forte questo potere e ha cominciato tutta una serie di epurazioni.
Oggi di fatto a livello politico in Ucraina possono operare solo il partito Servitore del Popolo, di Zelensky, e un piccolo partito di destra con scarsissima rappresentanza in parlamento, più che allineato alle posizioni presidenziali”.
Questa guerra si poteva evitare?
Nessuno ci dice che quest’anno la guerra finirà. Vorrei sottolineare che nel 2024 ci saranno le elezioni presidenziali in Russia, Ucraina e Stati Uniti.
Rischiamo di arrivare a queste elezioni importantissime con una guerra in corso, quindi. Penso proprio che la guerra si potesse evitare, e la responsabilità è del paese aggressore. Tuttavia concordiamo che tutti più o meno hanno contribuito a farci arrivare a questo punto.
Dal 2014 al 2022 la guerra c’era già nel Donbass: in quegli anni l’UE ha avuto un ruolo centrale nel tentativo di risolvere la questione, ricordiamo gli accordi di Minsk.
Non solo Francia e Germania non sono intervenute come avrebbero dovuto, ma quando poi è partita l’invasione russa, abbiamo scoperto dalle dichiarazioni della Merkel e di Holland che in quegli anni i due paesi non erano interessati a regolare il conflitto.
Quindi la mano in questo conflitto ce l’hanno messa tutti.