Essere a sinistra e allo steso tempo essere il fustigatore della sinistra. Il “suicidio occidentale” è un tema divenuto una specialità di Federico Rampini, editorialista del Corriere della Sera, uomo dell’universo progressista che però non digerisce la cultura dell’autoflagellazione occidentale.
“Se un attacco nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell’Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale. L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale. L’aggressione di Putin all’Ucraina, spalleggiato da Xi Jinping, è anche la conseguenza di questo: gli autocrati delle nuove potenze imperiali sanno che ci sabotiamo da soli“.
Così scriveva al crepuscolo del primo attacco in Ucraina, così ribadisce all’alba dello scandalo Qatargate, ennesima figuraccia del microcosmo liberal-progressista europeo.

Il tutto condito da una buona dose di decadentismo e autoflagellazione: proprio come il numero 1 della FIFA Infantino, anche Eva Kaili a margine del mondiale aveva promosso una narrazione tesa a smacchiare il mondo arabo dalle sue colpe, insinuando che gli europei non possano giudicare: “E’ la vecchia ideologia autoflagellatoria del politicamente corretto. Una parte dell’Occidente si ammanta di una ideologia sedicente progressista che passa il suo tempo a demolire la storia dell’Occidente, come se questo fosse l’unico a essersi macchiato di imperialismo, di colonialismo, di sfruttamento. Tutto questo è ovviamente falso, ma quest’ideologia è funzionale a quello che Eva Kaili e il suo mondo hanno commesso, perché poi sono andati a prendere mazzette dal Qatar, cioè il sud del pianeta che naturalmente sta dalla parte dei buoni“.

L’intervista di Stefano Molinari a Federico Rampini.