Da un articolo di ItaliaOggi: “La Germania si fa gli affari suoi. Scholz vuole stringere legami con Pechino, malgrado l’UE. E Berlino accusa gli altri Paesi di sovranismo, ma poi assicura soltanto i propri interessi“. Cosa è successo? È successo che il cancelliere tedesco Olaf Scholz, dopo il maxi piano di 200 miliardi che ha scatenato le polemiche nelle ultime settimane, sembra intenzionato a muoversi in modo ancora indipendente dall’Unione europea, rafforzando i legami con la Cina. Infatti, quest’ultima rappresenta il maggiore sbocco per le esportazioni tedesche e, pur di preservare i rapporti con la Repubblica Popolare, è disposto a cedere il controllo delle infrastrutture principali del porto di Amburgo, uno dei principali porti strategici europei, alla compagnia postale cinese. Nonostante le preoccupazioni di Bruxelles, che ritiene che due grandi operazioni di questo tipo vadano gestite in modo comunitario, Scholz si recherà personalmente dal presidente cinese Xi Jinping, al suo terzo mandato. La Germania, forte del suo grande surplus commerciale, tende a comportarsi come potenza indipendente e non ascolta l’Unione Europea.

Ora, io vi continuo a dare queste informazioni perché da anni che vi racconto del fatto che l’Europa è dipendente dalla Germania (e venivo sempre descritto come quello che fa della propaganda anti Germania).
A me i tedeschi non hanno fatto nulla come popolo, ma il Governo tedesco sì. Il Governo tedesco decide quello che vuole a livello della Commissione europea. Dopo di che però si fa i suoi affaracci.
Il surplus commerciale della Germania è stato uno dei problemi fondamentali degli ultimi vent’anni.

Non è possibile un mondo predatorio con la visione neoliberista, la visione dell’economia capitalistica. Ecco perché io in questa rubrica io parlo da anni di economia umanistica. Ne parlo per una ragione: non è contemplabile un mondo fatto soltanto di tutti che esportano, perché la domanda è normale, la farebbe un bambino di 5ª elementare: allora chi importa?
Ci vuole equilibrio nel mondo, ci vuole una mentalità diversa, non possiamo andare avanti con l’economia capitalistica che prevede Borse, mercati, precarietà del lavoro, perdita dei diritti, lavoro a tempo parziale invece del lavoro a tempo indeterminato, riduzione delle pensioni, riduzione della spesa pubblica, taglio dei bilanci, taglio dei servizi, liberismo sfrenato sulle Borse. Ma scusate, possiamo alzare la mano? Possiamo dire che dopo vent’anni che le cose vanno male, la strada è sbagliata?

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi